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today28 Aprile 2022
A cura di Daniele Biacchessi
La mossa di Gazprom era prevedibile. Chiudere i rubinetti del gas a Polonia e Bulgaria, significa mettere in ginocchio le economie di due paesi in evidente difficoltà energetica. Si tratta di un vero e proprio ricatto russo in mezzo alla guerra tra Mosca e Kiev.
L’accelerazione degli eventi sembra spianare la strada a misure sanzionatorie più severe da parte Ue. Ma qualcuno sta già provvedendo alla sua emancipazione dal gas russo. Varsavia si prepara da anni a fare a meno del gas russo, da cui un tempo dipendeva al 100%: si è dotata di due rigassificatori, in gran parte forniti grazie a contratti con società Usa, e dal 1° ottobre metterà in funzione il Baltic Pipe, gasdotto con cui potrà importare 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno dalla Norvegia. In questo modo potrà sostituire del tutto le forniture russe, evitando di rinnovare il contratto con Gazprom, in scadenza a fine anno.
E il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck annuncia che «un embargo oggi è diventato gestibile per la Germania». Il Governo tedesco è infatti riuscito a ridurre la dipendenza da Mosca ad appena il 12% (dal 35% di prima dell’invasione dell’Ucraina), individuando approvvigionamenti alternativi per la maxi raffineria di Leuna e ora è impegnato a trovare una soluzione anche per l’altro impianto servito dall’oleodotto Druzhba, quello di Schwedt, partecipato da Rosneft. Più difficile si prospetta la situazione per la Bulgaria, che ancora dipende per il 90% dalla Russia, benché anche Sofia abbia un contratto in scadenza a fine anno con Gazprom, che aveva detto di non voler rinnovare.
La Ue ha intanto compiuto un primo passo verso l’applicazione di un tetto ai prezzi del gas, concedendo a Spagna e Portogallo di limitare temporaneamente a 40 euro per Megawattora il prezzo delle forniture destinate alle centrali elettriche nella penisola iberica. L’Italia spera in misure analoghe, estese a tutta la Ue.
Credits: Agenzia Fotogramma
Written by: Giornale Radio
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