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Il salario minimo: un tema divisivo | 17/03/2023 | Il Corsivo

today17 Marzo 2023 4

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A cura di Ferruccio Bovio

Lo scambio molto vivace di battute tra Meloni e Schlein al quale abbiamo da poco assistito alla Camera dei Deputati, ha avuto per oggetto anche il controverso tema del “salario minimo”, che la neo segretaria del PD vorrebbe introdurre nel nostro Paese, ma che incontra, invece, non poche perplessità da parte della presidente del Consiglio.

A monte di questa discussione c’è una Direttiva dell’Unione Europea del 7 giugno 2022, che ha chiesto agli Stati membri di fissare salari “equi ed adeguati” per tutti: non intendendo però definire una base minima comune di partenza, ma limitandosi a pronunciarsi a favore della contrattazione collettiva.

Ed a questo proposito, l’Italia, che per fissare i minimi di retribuzione si basa esclusivamente sui contratti collettivi nazionali di lavoro, non è tenuta ad adottare una legge sul salario minimo, considerata l’ampia diffusione della contrattazione collettiva su tutto il nostro territorio nazionale. Tuttavia, sul piano politico, esistono posizioni che inquadrano la questione da punti di vista opposti. C’è, infatti, chi sostiene che si tratti di una misura necessaria per migliorare le condizioni di vita di tanti lavoratori e chi, diversamente, ritiene che il salario minimo – risultando difficilmente ammortizzabile da parte di molte piccole e medie imprese che rappresentano gran parte del tessuto produttivo del nostro Paese – provocherebbe, inevitabilmente, un aumento della disoccupazione. Vi segnaliamo che, comunque, in Senato è fermo un disegno di legge che prevede l’entrata in vigore di una paga minima oraria di 9 euro.

Come detto, il sistema della retribuzione italiano si basa quasi esclusivamente sulla contrattazione collettiva, attraverso la quale si stabiliscono le condizioni generali di lavoro, come gli stipendi, gli orari e le ferie.

I fautori del salario minimo pensano che la sua introduzione servirebbe per contrastare il lavoro nero, le disuguaglianze, i contratti precari e quelli atipici che offrono poche garanzie a chi li sottoscrive. Chi, al contrario, vi si oppone, crede, come si è accennato, che l’introduzione di un provvedimento del genere, finirebbe per far lievitare il costo del lavoro per le imprese, penalizzando , in tal modo, i livelli occupazionali. Oltre a ciò, nel nostro Paese – visto il prevalente ricorso ai contratti collettivi – a beneficiare dell’applicazione del salario minimo sarebbe, in realtà, una porzione di dipendenti assai ridotta. Infine, un salario minimo produrrebbe delle conseguenze negative anche sulla contrattazione collettiva stessa e sulla centralità della sua funzione per quanto concerne la negoziazione tra lavoratore e azienda. Ecco perché, proprio sotto questo aspetto, non tutte le sigle sindacali sono pienamente convinte dell’opportunità di inserire, nel nostro ordinamento, modifiche salariali ex lege, ma ritengono, invece, che ogni eventuale cambiamento debba avvenire sempre e soltanto attraverso i contratti collettivi nazionali.

Scritto da: Giornale Radio

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