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today28 Settembre 2022
A cura di Daniele Biacchessi
A poche ore dall’esito delle elezioni politiche, Matteo Salvini è sotto processo dopo i magri risultati della Lega ottenuti in varie parti del Nord, in particolare in Lombardia, Piemonte e Veneto, dove l’elettorato del Carroccio è passato armi e bagagli a Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia. Qualche analista parla della rivolta della vecchia Lega, con Umberto Bossi fuori dal Parlamento dopo 35 anni, e Roberto Maroni che chiede la testa del segretario. In realtà le cose non stanno così. Il malessere dell’elettorato leghista è molto più profondo del mero tatticismo delle varie componenti del partito. In primis va analizzato il voto. Alle elezioni del 2018, la Lega aveva totalizzato alla Camera il 17,4% con 73 seggi e al Senato il 17,6% con 37 seggi. Questo risultato ha permesso a Salvini di governare fino all’estate del 2019 con il M5s, allora primo partito. Da quel momento la Lega di Salvini ha rappresentato la trazione politica del centrodestra e il suo successo ha conquistato le regionali e le elezioni comunali successive, poi il lento declino a beneficio di Fdl.
L’appoggio al Governo di Mario Draghi, la subalternità rispetto a Giorgia Meloni, la smania di protagonismo e la mancanza di lucidità politica, hanno trasformato Salvini in una comparsa. E puntuale è arrivato il responso delle urne. Nel 2022 la Lega è poca cosa: 8,9% in Senato, ancora di meno, 8,5% alla Camera. Nella sua prima conferenza stampa Salvini ha glissato sulla totale disfatta del sua leadership, facendo i complimenti a Giorgia Meloni che però ha escluso ogni incarico al segretario della Lega, specie il delicato ministero dell’Interno.
Oggi la Lega giunge ad un bivio: rimanere una minoranza del centrodestra oppure ritrovare un ruolo centrale nella coalizione con una nuova leadership capace di traghettare il dopo Salvini.
Credits: Agenzia Fotogramma
Written by: Giornale Radio
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