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today8 Luglio 2023 8
A cura di Ferruccio Bovio
Daniela Santanchè era indagata da mesi (e non poteva non saperlo…), però l’avviso di garanzia non le era mai stato ufficialmente notificato prima di mercoledì scorso, giorno in cui la ministra del Turismo è intervenuta in Senato per fornire, in Aula, i chiarimenti richiesti in merito alla presunta scorretta amministrazione delle sue aziende. Di conseguenza, la politica e imprenditrice piemontese ha potuto – non senza buone ragioni – prendersela con i giornali che, evidentemente informati da qualcuno che agisce all’interno della Procura milanese o della Polizia Giudiziaria, avevano pubblicato una notizia che avrebbe dovuto, invece, essere coperta dal segreto istruttorio.
E’ difficile, comunque, non rilevare come, tacendo agli alleati l’esistenza di un’indagine a suo carico, Santanchè abbia fornito alle opposizioni un assist formidabile per mettere in serio imbarazzo il governo Meloni. Possiamo immaginare che Daniela Santanchè, pur non potendo certo ignorare l’esistenza di un’inchiesta che la riguardava personalmente, abbia scelto di rimanere nel vago con la stessa premier e con gli altri capi del centrodestra anche per non alimentare presso di loro delle perplessità e dei timori rivelatisi poi – purtroppo per lei – tutt’altro che infondati.
Tuttavia, sembra anche strano che, all’epoca in cui nacque l’attuale Esecutivo, né Meloni (che, infatti, si dice abbia sostanzialmente subito l’inserimento della Santanchè nella compagine ministeriale), né i leader della maggioranza ignorassero del tutto il fatto che le attività imprenditoriali della Santanchè presentavano oggettivi elementi di conflitto di interesse proprio con la titolarità del ministero del Turismo e che fossero, inoltre, in odore di scarsa solidità finanziaria. Ciò nonostante, si preferì, in quella circostanza, fare finta di nulla e soprassedere su alcuni impedimenti che, in altri tempi di maggiore prudenza e professionalità politica, avrebbero sicuramente consigliato alla “Pitonessa” di rassegnarsi ad occupare posizioni pubblicamente meno rilevanti rispetto a quella ministeriale. Adesso, attraverso una durissima nota ufficiosa di Palazzo Chigi, Meloni accusa “una fascia della magistratura” di muoversi in sintonia con le opposizioni e di aver aperto in grande anticipo la campagna elettorale per le Europee del 2024. A tornare d’attualità sarebbe, quindi, il vecchio concetto di “giustizia a orologeria”.
Ci fa piacere che anche gli esponenti di Fratelli d’Italia i quali, quando erano seduti sui banchi dell’opposizione, plaudevano entusiasticamente ad ogni iniziativa della magistratura orientata verso i partiti avversari, scoprano oggi le virtù del garantismo. Temiamo però, che la loro sia essenzialmente una forma di garantismo “double face”, valida cioè soltanto nei confronti degli amici, ma sempre pronta a trasformarsi nel più intransigente dei giustizialismi ogni volta che entrano in gioco i diritti e gli interessi degli antagonisti politici.
Scritto da: Giornale Radio
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