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today29 Ottobre 2022
A cura di Daniele Biacchessi
Gli italiani sono un popolo di santi, navigatori e di portatori di speranza. Così nella vita quotidiana, così anche in economia. Ma la speranza senza una soluzione dei problemi rimane solo sulla carta, specie dopo la diffusione degli ultimi dati Istat che offrono l’esatta direzione economica del nostro Paese.
Ad ottobre l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, registra un aumento del 3,5% su base mensile e dell’11,9% su base annua (dal +8,9% del mese precedente). L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +5% a +5,3% e quella al netto dei soli beni energetici da +5,5% a +5,8%. Siamo tornati indietro di ben 39 anni. Bisogna risalire al lontano giugno 1983, per raggiungere simili dati, cioè quando si registrò una variazione tendenziale del +13%, una crescita esponenziale dei prezzi del carrello della spesa, superiore a quella di ottobre e a marzo 1984. Nel mese di ottobre i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona passano da +10,9% a +12,7%, e quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto da +8,4% a +8,9%. I prezzi dei Beni alimentari (da +11,4% a +13,1%), sia lavorati (da +11,4% a +13,4%) sia non lavorati (da +11,0% a +12,9%). Le ultime rilevazioni di Acri e Ipsos dicono che l’inflazione sta riducendo i risparmi cumulati, perché per mantenere i consumi molti italiani hanno fatto ricorso alle proprie riserve o a prestiti. Quindi si riducono le famiglie in grado di far fronte con mezzi propri a situazioni di difficoltà: il 39% (era il 42% nel 2021) potrebbe affrontare con serenità una spesa imprevista pari a 10.000 euro, il 75% (era il 79% nel 2021) una di 1.000. Davanti a questi dati inequivocabili ci vorrebbero politiche economiche virtuose, ma rigorose, le stesse che molti Paesi, assai meno indebitati di noi (2758 miliardi di euro), stanno mettendo in campo in varie parti d’Europa.
Scritto da: Giornale Radio
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