L’Italia antifascista gridato alla Scala diventa un caso politico

A cura di Daniele Biacchessi

Si chiama Marco Vizzardelli, 65 anni, frequenta la Scala da quando ne aveva nove, il loggionista che, dopo l’inno di Mameli, ha gridato a gran voce “Viva l’Italia antifascista”, in polemica con la presenza del presidente del Senato Ignazio La Russa che non ha mai fatto i conti con il fascisimo. La sua identificazione da parte della Digos si è trasformata in un caso politico. Appena si è sparsa la voce, sui social è apparso l’hastag #identificateci, qualcuno lo ha postato con tanto di nome, cognome, data di nascita. Vizzardelli è un giornalista, appassionato di lirica e loggionista, ancora non si spiega il clamore suscitato dal suo slogan, urlato alla fine del primo atto dal loggione. “E’ una frase lapalissiana, sarebbe stato grave gridare il contrario”, sostiene Vizzardelli. Ma chi ha dato l’ordine di identificare il loggionista? La Digos, Divisione investigazioni generali e operazioni speciali, dipende dal ministero dell’Interno e fa parte della Polizia di Stato. Alla prima della Scala gli agenti hanno agito sulla base dell’articolo 4 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, che offre a loro la possibilità “di ordinare che le persone pericolose o sospette siano sottoposte a rilievi segnaletici”. Proprio in virtù dei poteri di prevenzione e della facoltà di identificazione, ecco spiegato il motivo dell’intervento dei poliziotti del reparto della Digos alla Scala. ma Marco Vizzardelli semmai ha difeso la Costituzione, in quanto proprio nella Carta Costituzionale è scritto che il nostro paese è antifascista. Ma un atto come questo non è contemplato dal codice di procedura penale che anzi sanziona ogni apologia di fascismo.

Credits: Agenzia Fotogramma

9 Dicembre 2023

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