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In Italia il passato sembra non passare mai, e le ferite non guariscono. Anche altre nazioni europei hanno dovuto affrontare le conseguenze dell’ondata di violenza che aveva contraddistinto gli anni Settanta, penso alla Francia, alla Germania, ma in gran parte hanno fatto i conti con la Storia. Nel nostro Paese quella stagione, archiviata altrove, ritorna puntualmente e riapre l’annoso e stucchevole dibattito sui cosiddetti “anni di piombo”. Perché non si sono comprese le cause e si è passati da una cultura di tipo emergenziale, con leggi speciali durissime, ad altri tipi di risposte giudiziarie. La storia della lotta armata di sinistra è racchiusa nei numeri, e non può essere ridimensionata ad affare di pochi. 131 morti tra magistrati, agenti, carabinieri, giornalisti, capi di azienda, giornalisti, cittadini comuni. Decine di militanti della lotta armata uccisi in scontri a fuoco e, alcuni anche in carcere. 2mila feriti.
Dai primi degli anni Settanta, circa 5mila persone sono state condannate in via definitiva per reati di omicidio, ferimenti, associazione sovversiva e banda armata. Almeno 20mila persone sono state indagate e poi assolte, prosciolte o la loro posizione archiviata. Oltre centomila persone, pur non facendo parte dei gruppi della galassia della lotta armata, avevano avuto contatti diretti o indiretti con quelle organizzazioni. Una storia così estesa e complessa non può essere ridotta ad un fenomeno di pochi, bensì ad una opzione politica di un pezzo consistente, ma fortunatamente non maggioritario, del movimento di quegli anni che non fu solo morte e violenza. Ricordo che quelli che vanno sotto il nome di “anni di piombo”, furono anche gli anni delle grandi conquiste sociali e civili: statuto dei lavoratori, divorzio, aborto, legge 180 e molto altro ancora. Fino a quando il nostro Paese non riuscirà a voltare pagina, i fantasmi del passato torneranno a volteggiare senza che ci sia mai una risposta.
Written by: Giornale Radio
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