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A cura di Ferruccio Bovio
Come è noto, il Parlamento Europeo si è appena pronunciato in favore dello stop alle vendite delle auto a benzina, diesel, metano (e persino ibride) entro il 2035. Bruxelles e Strasburgo puntano, quindi, apertamente sui veicoli elettrici, facendo però, secondo alcuni, un grosso regalo alla Cina che – in quanto a batterie ed altri componenti indispensabili per la mobilità elettrica – è, oggettivamente, molto più avanti di noi. Non che ci volesse molta fantasia ad immaginare che a prevalere sarebbe stata la svolta legislativa imposta da quell’ideologia verde che, da un po’ di tempo a questa parte, sembra essersi impossessata delle menti di coloro che decidono del nostro futuro…Però, era forse anche lecito sperare che almeno un barlume di pragmatismo potesse fare breccia tra i banchi dell’Europarlamento. Invece, è proprio mancata la consapevolezza del momento drammatico che stiamo vivendo. Intendiamoci, l’aspirazione a realizzare un pianeta ambientalmente compatibile è assolutamente condivisibile, se non addirittura doverosa: tuttavia, un voto che avesse preso in considerazione pure l’opportunità di gestire la transizione green con un minimo di gradualità in più, non avrebbe certamente nuociuto alla crescita industriale ed alla stabilità sociale di un Continente che, al momento, sta facendo i conti con una guerra intestina e con una crisi energetica che iniziano a destabilizzarne seriamente la tenuta economica. In particolare, in Italia il voto europeo di mercoledì scorso mette a rischio decine di miglia di posti di lavoro (settantamila solo nella componentistica), oltre a porre in discussione il conseguimento di una sovranità tecnologica imprescindibile nelle sfide globali.
Pertanto, la transizione ecologica non può far finta di ignorare la portata di certe ricadute sociali ed occupazionali che possono scaturire dagli indirizzi che essa intende imporre al mondo della produzione e del lavoro.
L’Europa, spinta dalla pura ambizione di risultare la prima della classe in quanto ad ecologismo, di fatto impone – almeno in questo caso – tempi e vie obbligate che impattano negativamente su alcuni Paesi come l’Italia, la Germania e la Francia. Paesi che dovranno, adesso, inventarsi qualcosa per mettersi nella condizione di non soccombere del tutto dinanzi all’egemonia che la Cina esercita nel campo dell’auto elettrica, visto che circa l’80% di ciò che occorre per costruirne una (dalle batterie, alle tecnologie) lo comprano proprio dal colosso asiatico.
Scritto da: Giornale Radio
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