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GLI OCCHI DELLA STORIA

16 marzo: il sequestro Moro | Gli Occhi della Storia

today16 Marzo 2022

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16 marzo 1978, 44 anni fa.
Le Brigate Rosse alzavano il livello di scontro contro lo Stato, con il rapimento del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro e l’uccisione degli uomini della sua scorta. Dopo 55 giorni, il 9 maggio 1978, il calvario di Moro terminò con la sua uccisione e il suo corpo rinvenuto senza vita in una Renault rossa in via Caetani, a Roma.
L’Italia di oggi non è quella di 44 anni fa, quando la lotta armata di sinistra colpiva il cuore dello Stato durante i giorni del Governo di unità nazionale.
E i brigatisti, poi arrestati per Moro e per centinaia di altri omicidi e ferimenti, hanno scontato lunghe pene detentive in carceri speciali.
131 persone assassinate dalla lotta armata di sinistra. 2000 ferite. 
71 i militanti uccisi.
Sono oltre 4mila le persone condannate per quei fatti, almeno 20mila prosciolti durante le inchieste.
Una storia così non si può certo dimenticare, ma non è normale un paese che non riesce a fare i conti con il suo passato, anche quando resta un fardello scomodo da portare.

16 marzo 1978. Via del Forte Trionfale. Poco prima delle 9. 

Il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro esce dalla sua abitazione. Lo accompagnano gli uomini della scorta. Domenico Ricci, Raffaele Jozzino,Giulio Rivera. Francesco Zizzi, Oreste Leonardi. 

In via Fani, i brigatisti sono già tutti nella loro posizione di tiro. 

Rita Algranati all’angolo della strada con un mazzo di fiori in mano, segnala a Mario Moretti l’arrivo del convoglio di Moro. 

Raffaele Fiore, Prospero Gallinari, Valerio Morucci e Franco Bonisoli, vestiti da avieri, si piazzano dietro ad una siepe. 

Gli altri componenti del commando sono Barbara Balzerani, Roberto Seghetti, Alessio Casimirri e Alvaro Lojacono. 

Alle 9,03 si scatena l’inferno. E’ l’attacco delle Brigate Rosse al cuore dello Stato. Gli uomini della scorta vengono tutti uccisi. Moro viene rapito. L’azione dura quattro minuti. In via Fani vengono raccolti 93 bossoli, 22 provengono da uno dei quattro mitra in dotazione al gruppo di terroristi vestiti da a0vieri. Le armi usate sono sei. I colpi sono calibro 9 lungo.

Aldo Moro viene trasportato nella base di via Montalcini 8 interno 1. Lo attendono Germano Maccari, Laura Braghetti e Prospero Gallinari.. Mario Moretti si cala il passamontagna e avvia il primo interrogatorio di Moro nella cosiddetta “prigione del popolo”.  Anni dopo Valerio Morucci racconterà in un’aula giudiziaria così la dinamica della strage di via Fani 

Il segretario della Democrazia Cristiana Benigno Zaccagnini capisce subito che l’attacco al cuore dello Stato è un messaggio diretto al compromesso storico con il Pci e all’inizio del Governo di unità nazionale

Poco dopo il presidente del consiglio Giulio Andreotti interviene alla Camera dei deputati.

Per 55 giorni, il Paese segue la vicenda con passione e forte preoccupazione, tra speranze, delusioni, rabbia, fermezza e trattative segrete, comunicati dei brigatisti, lettere di Moro, telefonate dei terroristi ai centralini dei quotidiani, gravi depistaggi di funzionari dello Stato.

16 marzo 1978, ore 8,30.
Numerosi testimoni sostengono di aver ascoltato da Radio Città Futura, emittente di movimento, qualcuno adombrare la possibilità di un attentato contro un personaggio politico. Davanti agli inquirenti, Renzo Rossellini, direttore della radio, ammetterà di aver solo accennato ad un’ipotesi: “Negli ambienti dell’estrema sinistra circolava la notizia: che, in occasione della formazione de nuovo governo di unità nazionale, le Brigate Rosse stessero per tentare, molto prossimamente, forse lo stesso giorno, un’azione spettacolare, forse contro Aldo Moro.”

16 marzo 1978, ore 9.
In via Fani, è presente il colonnello Camillo Guglielmi, ufficiale del Sismi, il servizio segreto militare, addetto all’Ufficio “R” per il controllo e la sicurezza. Anni dopo, davanti ai magistrati, il colonnello Guglielmi offre la sua versione: “Stavo andando a pranzo da un collega che abitava in via Stresa, a pochi passi dal luogo della strage”. 

17 marzo 1978, di sera.
Alla direzione della Polizia giunge una segnalazione precisa: in via Gradoli, una traversa di via Cassia, al numero civico 96, vi è un covo delle Brigate Rosse. In quello stabile, all’interno 11, vivono da giorni Mario Moretti e Barbara Balzerani. 
18 marzo 1978, prima mattina. 
Agenti di polizia perquisiscono gli appartamenti di via Gradoli 96, tranne uno, quello occupato dai brigatisti.

2 aprile 1978.
Località Zappolino, provincia di Bologna, appennino tosco – emiliano. Un gruppo di professori universitari tiene una seduta spiritica. Nel gioco del piattino compare la parola “Gradoli”. Le persone presenti a Zappolino sono Mario e Gabriella Baldassarri, Franco e Gabriella Bernardi, Alberto, Carlo, Adriana e Licia Clò, Romano e Flavia Prodi, Fabio Gobbo. 

5 aprile 1978. 
Blitz della Polizia a Gradoli, piccola località in provincia di Viterbo, vicino al lago di Bolsena. Tutte le abitazioni vengono perquisite. Del presidente della Democrazia Cristiana e dei suoi rapitori, nessuna traccia.. In quelle ore concitate, Eleonora, moglie di Aldo Moro, si rivolge alla Segreteria del Ministro dell’Interno Francesco Cossiga. Chiede se Gradoli sia anche il nome di una via di Roma. La risposta è secca: a Roma, via Gradoli non esiste. 

18 aprile 1978.
Una telefonata al quotidiano romano Il Messaggero annuncia l’arrivo di un messaggio delle Brigate Rosse. Nel comunicato numero 7 si annuncia l’avvenuta esecuzione di Moro, il cui corpo si troverebbe “nei fondali limacciosi del lago della Duchessa.” Ma il comunicato è visibilmente contraffatto. Nonostante ciò le forze dell’ordine si recano con elicotteri e uomini lungo le rive del Lago della Duchessa, in provincia di Rieti. Anche in questo caso, di Moro nessuna traccia. Il documento viene scritto materialmente da un certo Tony Chicchiarelli, un falsario della Banda della Magliana, gruppo criminale operante a Roma, in contatto con uomini del Sismi e della loggia massonica P2 di Licio Gelli. Chicchiarelli sarà ucciso nel 1984.

18 aprile 1978.
Un residente di via Gradoli 96 telefona ai vigili del fuoco per una perdita d’acqua.
Quando i pompieri entrano nella porta dell’interno 11 si trovano davanti ad un covo delle Brigate Rosse. Entrano in bagno. Notano il telefono della doccia posato sopra uno scopettone a sua volta appoggiato sulla vasca. Gli occupanti volevano che l’acqua si dirigesse verso una fessura nel muro? Nell’appartamento vengono rinvenute le divise da avieri utilizzate dai brigatisti per camuffarsi in via Fani, durante l’agguato a Moro e agli uomini della scorta.

1 ottobre 1978.
Blitz dei carabinieri e della magistratura milanese in via Montenevoso 8, a Milano. Arrestati Nadia Mantovani, Lauro Azzolini,Antonio Savino, Biancamelia Sivieri, Paolo Sivieri,Maria Russo, Flavio Amico, Domenico Gioia, Franco Bonisoli. Ritrovate le lettere originali scritte da Aldo Moro nella cosiddetta “prigione del popolo”. Ma mancano dei pezzi.
10 ottobre 1990. Dodici anni dopo.
Durante i lavori di ristrutturazione dell’appartamento, in un’intercapedine, un muratore trova altri documenti originali autografati da Moro e banconote.
I brigatisti responsabili del rapimento sono stati quasi tutti arrestati. Resta libero Alessio Casimirri, nome di battaglia Camillo. E’ condannato in via definitiva nel processo Moro. Vive oggi in Nicaragua, in una bella casa al dodicesimo chilometro della Carretera sur, quella che da Managua porta a El Crucero, cento metri a sud e cento metri ad est del Monte Tabor, non lontano dal suo ristorante “La Cueva del Buzo”, protetto da un alto muro di cemento armato e da una torretta di legno. L’Italia ha chiesto più volte la sua estradizione, ma tra il nostro paese e il Nicaragua non esistono trattati bilaterali. 

Il calvario dello statista democristiano si snoda dalla strage di via Fani, il 16 marzo, fino al ritrovamento del suo cadavere nel baule di una Renault 4 rossa, il 9 maggio, in via Caetani, a Roma, che racconteremo in una prossima puntata degli occhi della Storia” su Giornale Radio. 

Conduce in studio: Daniele Biacchessi

Giornale Radio dedica al rapimento di Aldo Moro la puntata del programma “Gli occhi della Storia” con Daniele Biacchessi, il nuovo format prodotto in esclusiva dalla redazione di Giornale Radio e dedicato al racconto degli anniversari più importanti della Storia.


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