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A cura di Daniele Biacchessi
Il 24 ottobre 1945, a pochi mesi dalla fine della seconda guerra mondiale, con le città distrutte dalle bombe e i segni inequivocabili degli orrori, entra in vigore la Statuto delle Nazioni Unite, il primo embrione di quella che solo sedici anni dopo, il 6 dicembre 1971, diventerà l’Onu, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, il luogo politico che dovrebbe governare i rapporti tra Stati.
Lo Statuto delle Nazioni Unite viene firmato a San Francisco il 26 giugno 1945 da 50 dei 51 Paesi: non è presente la Polonia che poi siglerà l’accordo il 24 ottobre 1945, dopo la ratifica da parte dei 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Cina, Francia, Unione Sovietica, Regno Unito e Stati Uniti) e della maggioranza degli altri Stati.
Nella parte iniziale c’è un preambolo molto simile a quello della Costituzione degli Stati Uniti. Poi si va con i 111 articoli suddivisi in capitoli. Il primo capitolo definisce gli scopi delle Nazioni Unite.
Il secondo illustra i criteri di ammissione dei paesi. Nei capitoli 3-15 vengono delineati i compiti e i poteri degli organi delle Nazioni Unite. Tra il 16 e il 17: trovate l’integrazione delle Nazioni Unite con le normative di diritto internazionale. I capitoli 18 e 19 offrono lo spaccato delle modifiche e la ratifica dello Statuto. È integrato dallo Statuto della Corte Internazionale di Giustizia, il cui funzionamento e organizzazione sono disciplinati dal capitolo XIV.
La Carta risulta complessa, molto spesso le descrizioni sono macchinose e scritte nello stile burocratico, ma ci sono le linee guida che dovrebbero distinguere le indicazioni relative all’uso della forza, che riguardano gli Stati individualmente considerati e quelle relative al sistema di sicurezza collettiva che fa capo al Consiglio di sicurezza. Al primo gruppo appartengono le disposizioni che stabiliscono un divieto generale di usare la forza nelle relazioni internazionali e le relative eccezioni. Il divieto è stabilito dall’art. 2, par. 4, mentre le eccezioni hanno per oggetto la legittima difesa individuale e collettiva (art. 51), e le azioni contro Stati ex nemici, di cui all’art. 107 della Carta.
Nel sistema di sicurezza collettiva è incluso il ricorso alla forza esercitato direttamente dal Consiglio di sicurezza. Le azioni coercitive presuppongono, però, l’operatività di alcune disposizioni che non hanno mai trovato attuazione. Si aggiungono le azioni intraprese dalle organizzazioni regionali o in virtù di accordi regionali, autorizzate dal Consiglio di sicurezza.
Lo Statuto afferma il rispetto reciproco tra Stati, l’integrità territoriale, la sovranità degli altri paesi, la non ingerenza negli affari interni altrui, ma molti principi restano solo scritti sulla Carta.
Le organizzazioni internazionali come l’Onu sono destinate a durare nel tempo. Espone il loro atto istitutivo a molteplici fattori di crescita e di erosione, legati il più delle volte al variare delle esigenze della società. La situazione politica, economica e sociale entro la quale un’organizzazione internazionale è stata costituita spesso, in qualche misura, può mutare. Il crollo del Muro di Berlino ha favorito una maggiore intensità delle relazioni tra gli Stati nell’ambito della cooperazione internazionale. La fine della Guerra fredda ha suscitato la speranza nella Comunità internazionale, e nella società civile in particolar modo, che un nuovo ordine internazionale prendesse il posto del precedente. In questo nuovo quadro politico-internazionale, molti auspicano che organizzazioni internazionali come l’ONU possano giocare un ruolo chiave nei rapporti internazionali garantendone la pace e la sicurezza internazionali, e che la Carta delle Nazioni Unite, universalmente ratificata, costituisca la pietra di paragone. Il dibattito per un’eventuale riforma dell’ONU si è caratterizzato attorno alla struttura ed alla composizione del Consiglio di sicurezza, perché la sua attuale composizione riflette ancora le posizioni di forza delle potenze alleate che vinsero la seconda guerra mondiale. Tutti gli attori politici internazionali sono concordi sul fatto che debba essere riformato. Le cause dell’inefficacia dell’azione delle Nazioni Unite sono la sua inefficienza, il deficit democratico, l’inadeguatezza delle risorse finanziarie, soprattutto il sistema dei veti. Negli ultimi anni, l’opposizione alla composizione del Consiglio di sicurezza, apparentemente non rappresentativo degli attuali rapporti di forza, si è fatta sempre più rumorosa. Questa situazione ha favorito le critiche di chi ha più volte sostenuto che l’operatività dell’esecutivo dell’ONU sia stata spesso condizionata dagli interessi geopolitici delle Grandi Potenze a discapito degli interessi collettivi della Comunità internazionale.
L’inefficacia delle Nazioni Unite è emersa prepotente con la guerra in Ucraina. Il segretario dell’Onu Antonio Guterres critica fin da subito l’invasione russa in Ucraina, ma le sue parole restano liquide per l’impossibilità e la mancanza di volontà di intervenire. Così Guterres dopo il referendum farsa organizzato da Mosca per l’indipendenza delle autoproclamate repubbliche del Donbass.
Il Cremlino ha annunciato che domani a Mosca si terrà una cerimonia che avvierà un processo di annessione delle regioni ucraine di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. In questo momento di pericolo, devo sottolineare il mio dovere di Segretario ONU : difendere e sostenere la Carta delle Nazioni Unite. Qualsiasi annessione del territorio di uno Stato da parte di un altro Stato risultante dalla minaccia o dall’uso della forza costituisce una violazione dei Principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale. E lo sostiene anche una decisa interpretazione dell’Assemblea Generale del 1970 , citata a sproposito dal ministro Esteri Lavrov in difesa dei referendum voluti dal Cremlino che invece recita “il territorio di uno Stato non può essere oggetto di acquisizione da parte di un altro Stato risultante dalla minaccia o uso della forza” … e nessuna acquisizione territoriale risultante dalla minaccia o dall’uso della forza sarà riconosciuta come legale.
Le ostilità non sono cominciate il 24 febbraio 2022, ma il 27 febbraio 2014 quando la Russia inviò proprie truppe senza insegne a prendere il controllo del Governo locale in Crimea. E l’11 marzo successivo il nuovo governo filorusso dichiarò la propria indipendenza dall’Ucraina. L’ONU non è intervenuta allora e non lo ha fatto neppure il 24 febbraio 2022 quando la Russia ha avviato le operazioni militari per invadere l’Ucraina. Ma il vero problema è che dal 2014 al 2022 l’ONU non ha portato avanti alcuna operazione di rilievo per redimere il conflitto nato tra Ucraina e Russia sulla Crimea e sulle aree russofone delle altre regioni di confine. Se le Nazioni Unite avessero avuto visione e voglia di risolvere una situazione di tensione che si stava sviluppando in quell’area, avrebbero dovuto intervenire immediatamente con un’azione diplomatica e proporre e organizzare referendum tra le popolazioni di quelle regioni per verificare le loro reali intenzioni di diventare parte della Russia o rimanere ucraini ancorché di lingua russa. Se le Nazioni Unite avessero avuto reali intenzioni di svolgere il proprio mandato internazionale avrebbero dovuto portare avanti tutte le azioni possibili già nel 2014.
La stessa inerzia dell’Onu è visibile nel Tigrè, al confine tra Etiopia Settentrionale e Eritrea, dov’è in corso un conflitto violentissimo che va avanti da molti anni. In questa guerra dimenticata, si stanno consumando le violenze più truci contro i più deboli (donne, bambini ed anziani inermi). L’Onu è indifferente verso la guerra civile in Nigeria, dove la violenza affonda le sue radici nella mancata definizione dei confini sub-regionali in cui si dovrebbe suddividere la nazione. Un’altra guerra ignorata dall’Onu è quella fomentata dagli interessi economici e post-coloniali della Francia in Mali. La motivazione addotta è quella di contrastare l’espansione dello Jihadismo nella regione. Poi c’è la guerra in Libia, anche questa interna al Paese, tra le milizie di Fathi Bashagha, sostenute dal generale Khalifa Haftar contro le truppe del governo di Unità Nazionale, riconosciuto dall’ONU. Le Nazioni Unite non dicono niente nel conflitto nello Yemen, cominciato nel 2015, che ha provocato decine di migliaia di vittime, centinaia di migliaia di profughi ed ha devastato completamente il Paese. Stessa cosa per la guerra in Siria; in Afghanistan, le tensioni tra India e Pakistan. Si potrebbe proseguire nel triste elenco dei conflitti in corso da anni in varie parti del mondo. Oggi, proprio nel giorno in cui si ricorda l’inizio della storia dell’Onu l’unica speranza resta nella volontà politica di riformare una istituzione gloriosa e importante che però ha bisogno di rinnovarsi e adattarsi ai cambiamenti geopolitici del mondo.