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A cura di Daniele Biacchessi
11 marzo 2004, Madrid, stazione delle ferrovie spagnole.
Mancano tre giorni alle elezioni politiche.
La rete terroristica Al Qaeda di Osama bin Laden sferra il secondo colpo contro l’Occidente, dopo gli attentati dell’11 settembre negli Stati Uniti.
Gli estremisti islamici colpiscono la capitale spagnola contro diversi treni locali, provocando 192 morti (di cui 177 nell’immediatezza degli attentati) e 2057 feriti.
Sono i più gravi attacchi alla popolazione civile, dopo la seconda guerra mondiale, insieme con gli Attentati di Parigi del 13 novembre 2015 all’interno dei confini.
11 marzo 2004, è mattina.
Dieci zaini riempiti con esplosivo (probabilmente Goma-2 ECO), vengono fatti esplodere in quattro treni regionali di Madrid, in quattro stazioni differenti. Le esplosioni sono tutte programmate in modo consequenziale nell’ora di punta, fra le 7:36 e le 7:40 nelle stazioni madrilene di Atocha (3 bombe), El Pozo (2 bombe), Santa Eugenia (1 bomba) e in un quarto treno che si trovava nei pressi di via Téllez (4 bombe), sui binari che portano ad Atocha provenendo da sud. Tutto viene ripreso dalle telecamere di sorveglianza delle varie stazioni.
Le forze di polizia trovano altri due dispositivi inesplosi. Vengono fatti esplodere immediatamente dagli artificieri per motivi di sicurezza. Un’ulteriore borsa con 500 grammi di esplosivo, mitraglia, detonatore e temporizzatore basato su un telefono mobile modificato è rinvenuta inesplosa tra gli oggetti e bagagli raccolti sui luoghi degli attentati, e trasportati a un commissariato e successivamente in un centro fieristico (IFEMA) insieme con le vittime. Questo ultimo reperto conduce rapidamente alle prime ipotesi certe e ai primi arresti il 13 marzo. Fahtu Valentin è uno dei testimoni di quella strage.
Il numero ufficiale delle vittime è di 192 e di 2 057 feriti. L’attentato diviene il primo per numero di feriti e secondo per vittime mortali, nella lista dei peggiori attacchi sofferti in Europa in tempi di pace dopo l’attentato di Lockerbie. Ma sono i giorni in cui incalza la campagna elettorale. Si scatena un forte contrasto tra il Partido Popular (PP) e il Partido Socialista Obrero Español (PSOE). Chi sono gli attentatori? Per i popolari quelli dell’Eta basca, per i socialisti i responsabili vanno cercati tra le fila della rete di al-Qāʿida, gruppo islamista già colpevole di sanguinosi attentati, tra cui quelli dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti. I due partiti si accusano a vicenda di utilizzare scorrettamente la situazione con fini elettorali, date le imminenti elezioni generali previste il 14 marzo 2004. Il presidente del governo spagnolo del PP, José María Aznar attribuisce pubblicamente a ETA la responsabilità della strage, ma non ci sono prove, neppure indizi. Ma arrivano ben presto le smentite di ETA e Batasuna. La sinistra nazionalista basca, per mezzo di Arnaldo Otegi (dirigente del partito politico Batasuna, reso illegale per i suoi legami con l’ETA) condanna il “massacro” e si distanzia subito dagli attentati, negando una eventuale implicazione di ETA, per mezzo della radio e in conferenza stampa. Otegi suggerìsce l’ipotesi che i colpevoli siano terroristi islamici di al-Qāʿida, forse come risposta all’appoggio spagnolo all’invasione dell’Iraq.
Si celebrano le elezioni generali. Da diversi media si invita ad andare a votare anche come dimostrazione di forza della democrazia contro il terrorismo. La partecipazione raggiunge circa il 75% una percentuale elevata, ma non da record. Il risultato per il PSOE è al di sopra delle previsioni precedenti gli attentati, ottenendo la maggioranza relativa dei voti (43,2%), mentre il Partito Popolare si ferma al 38,3%. Sulla base dei risultati elettorali, il PSOE forma un governo monocolore, con presidente José Luis Rodríguez Zapatero, con l’appoggio esterno principale delle formazioni di sinistra IU ed ERC. Occorre comunque segnalare che in molte decisioni di governo anche gli altri partiti autonomisti e nazionalisti appoggeranno la maggioranza, lasciando spesso solo all’opposizione lo sconfitto Partito Popolare, come nel caso dell’approvazione delle conclusioni della commissione di investigazione sugli attentati.
Le indagini sugli autori sono state chiuse all’inizio di luglio 2006, sotto la direzione del giudice (di istruzione) Juan del Olmo. Secondo i dati pubblicati del fascicolo giudiziario, l’attentato sarebbe stato perpetrato da una cellula terrorista legata ad al-Qa’ida, della quale già si conoscevano ed erano stati arrestati molti componenti. Tra i presunti componenti della cellula si trovano Serhane Ben Abdelmajid “El Tunecino”, presunto coordinatore degli attentati, e Jamal Ahmidan “El Chino”, considerato la chiave dell’organizzazione logistica. Insieme ad altri cinque individui si suicidarono due giorni dopo gli attentati, impedendo così il loro arresto in un appartamento nella città di Leganés, vicino a Madrid, e causando la morte di un poliziotto degli specialisti del GEO. Quattro di loro risultarono essere anche delinquenti comuni legati al traffico di droga. Il 6 di maggio 2004, l’FBI arrestò a Portland, Oregon, USA, l’avvocato statunitense Brandon Mayfield, convertito all’Islam, perché si sarebbe trovata una sua impronta in uno degli zainetti con esplosivo, che non esplose; ma dopo pochi giorni il 21/5 il governo spagnolo annunciò che l’impronta era invece di un cittadino algerino, Ouhnane Daoud. L’8 di giugno 2004 fu arrestato a Milano, Rab’i ‘Uthman al-Sayyed Ahmad, alias Mohamed el Egipcio, considerato il cervello dell’11-M e l’ideologo fondamentale di al-Qa’ida in Europa. Quattro mesi dopo verrà estradato in Spagna. Il 16 novembre 2004 si condannò il primo imputato per l’attentato dell’11-M, un minore di 16 anni di nazionalità spagnola che contribuì al trasporto degli esplosivi, sottratti in una miniera nel nord della Spagna. Pare che i telefonini le cui suonerie fecero detonare gli zainetti esplosivi, furono sbloccati (cioè, resi funzionanti anche con SIM di gestori di telefonia mobile diversi da quello che ha venduto il telefono con SIM associata) nel negozio di Maussili Kalaji, collaboratore della polizia spagnola.
Secondo i dati del fascicolo, i terroristi islamisti avrebbero fatto ricorso a spagnoli non musulmani per ottenere gli esplosivi, cosa non abituale in al-Qa’ida. Questa dell’origine degli esplosivi è la cosiddetta trama asturiana degli esplosivi (le Asturie sono una regione del nord della Spagna, dove esistono miniere), della quale fanno parte Antonio Toro, Carmen Toro, Suárez Trashorras, Rafa Zuheyr.
Dopo gli attentati, si creò l’Agenzia di Attenzione alle Vittime (Oficina de Atención a las Víctimas). Un anno dopo, quest’agenzia aveva indennizzato 851 vittime, per un totale di 44,219 milioni di euro. Inoltre si sono concesse 449 permessi di residenza alle vittime e 451 a familiari fra oltre 2 590 richieste. Il commissariato generale per gli stranieri (Comisaría General de Extranjería y Documentación) raccolse fino al 1° di marzo del 2004, 1 209 richieste di nazionalità, che sono state trasmesse alla direzione generale competente (Dirección General de los Registros y del Notariado). La maggior parte dei familiari e delle vittime degli attentati si unì alla Asociación 11-M Afectados del Terrorismo, poi presieduta da Pilar Manjón (madre di una vittima, e su posizioni critiche con il Partito Popolare e il governo Aznar). Mesi più tardi si fondò la Asociación de Ayuda a las Víctimas dell’11-M (Associazione di aiuto alle vittime dell’11-M) presieduta da Ángeles Domínguez a cui si unirono altre vittime dissidenti con la linea di P. Manjón e più vicini a quella di José Alcaraz, presidente della Asociación de Víctimas del Terrorismo (AVT), associazione a cui parteciperanno alcune vittime dell’11-M e più vicina politicamente alle posizioni del Partito Popolare. Mentre l’associazione presieduta da P. Manjón insisteva sulla responsabilità di José María Aznar e del suo governo, per aver implicato la Spagna nella guerra dell’Iraq, la AVT si caratterizza per la sua opposizione alle decisioni del governo socialista di José Luis Rodríguez Zapatero, soprattutto dopo che il parlamento (Congreso de los Diputados) lo autorizzasse a incominciare trattative con la banda terrorista basca ETA se questa avesse abbandonato la violenza. Il governo Zapatero creò un nuovo incarico: l’alto commissariato per l’appoggio alle vittime del terrorismo (Alto Comisionado de Apoyo a las Víctimas del Terrorismo), e nominò come commissario (equiparato a un membro del governo): il giurista socialista Gregorio Peces-Barba. Proprio per la sua appartenenza politica, e nonostante il contributo di vittime del partito socialista nella lotta al terrorismo dell’ETA, il PP non ha mai riconosciuto l’autorità del commissario.
Cosa resta della memoria delle vittime di Atocha? Le voci delle persone che c’erano e sono ancora oggi qui a raccontare.