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A cura di Ferruccio Bovio
Sono trascorsi circa sei anni dal giorno in cui, travolto dall’ incontenibile ondata pentastellata che, in quell’ormai così lontano 2018, sembrava dovesse spazzare via tutto l’esistente e ridisegnare completamente le istituzioni del nostro Paese, il Parlamento italiano decideva di modificare per sempre il sistema dei vitalizi spettanti a senatori e deputati. E stiamo parlando di una riforma che – rispetto al precedente sistema che prevedeva un assegno “pensionistico” che variava in funzione del numero di legislature vissute da un parlamentare – introduceva, invece, un taglio drastico, passando direttamente al sistema contributivo: quello cioè, calcolato in base ai contributi versati, come, del resto, accade per qualsiasi genere di lavoratori. Come è facile immaginare, la svolta imposta dai seguaci di Beppe Grillo – che stavano, in quel momento, vivendo la loro stagione politica più esaltante (chi non ricorda, ad esempio, il trionfalistico annuncio con cui dal balcone di un prestigioso palazzo romano veniva proclamata l’abolizione della povertà…) – era però, destinata a lasciare molto amaro in bocca a tanti ex membri del Parlamento che vedevano, in tal modo, ridursi drasticamente l’ammontare dei propri assegni mensili.
Tanto è vero che 1.300 di loro hanno presentato un ricorso al Collegio di Appello della Camera dei Deputati per ottenere il ripristino del vitalizio originario. Ricorso sul quale il Collegio stesso dovrà pronunciarsi a breve. Tra i ricorrenti figurano non solo nomi di politici di professione come gli ex ministri Claudio Scajola e Claudio Martelli, il leader del 68 milanese Mario Capanna o i deputati campani Antonio Bassolino e Rosa Russo Iervolino, ma anche personaggi che provengono da altri ambienti come l’attrice Ilona Staller o il giornalista Paolo Guzzanti. E proprio da quest’ultimo, che fu, tra l’altro, uno dei primi a contestare la delibera del 2018, viene oggi un’osservazione che – almeno a nostro avviso – sarebbe opportuno non sottovalutare. Dice, infatti, Guzzanti che il principio del vitalizio – così come aveva funzionato per 70 anni – era sacrosanto, poiché andava a tutelare il cittadino che abbandonava la propria attività per mettersi al servizio dello Stato: pertanto, seguendo questo tipo di ragionamento, è del tutto legittimo che gli venisse riconosciuto un adeguato vitalizio per tutto il periodo in cui non aveva più potuto lavorare regolarmente. E sempre Guzzanti aggiunge che, visto come stanno le cose, se tornasse indietro, probabilmente, non farebbe più il parlamentare.
E voi, amici ascoltatori, ammesso e non concesso che ve ne importi qualcosa della questione vitalizi in Parlamento, siete, comunque, dell’idea che quella di senatori e deputati sia un’esistenza caratterizzata più da privilegi, che da sacrifici?
11 Luglio 2025
Scritto da: Redazione
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