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A cura di Ferruccio Bovio
Oggi, lunedì 13 gennaio, si celebra la Giornata mondiale per il dialogo tra le religioni e l’omosessualità, istituita nel 1999 ad un anno esatto dal suicidio del poeta siciliano, Alfredo Ormando, che pose fine alla sua esistenza dandosi fuoco in piazza San Pietro, per protestare contro le posizioni omofobe ufficialmente adottate dalla Chiesa cattolica. Pochi giorni prima di compiere il suo gesto estremo, Ormando – intellettuale profondamente religioso – aveva scritto alcune lettere in cui denunciava il clima discriminatorio nel quale erano costretti a vivere gli omosessuali nel nostro Paese. E oggi, a distanza di 27 anni dal suo sacrificio, il bisogno di riflettere sul rapporto tra religioni e omosessualità ci sembra sia rimasto ancora decisamente attuale. Basti pensare a come siano sovente accesi e divisivi – sia a livello politico, che culturale – i dibattiti in cui ci si confronta per stabilire quali siano i requisiti necessari per definire il concetto stesso di “famiglia” o per riconoscere a persone dello stesso sesso il diritto di sposarsi e di avere dei figli.
E a questo proposito, per quanto riguarda la dottrina cattolica, un significativo momento di svolta si è senz’altro registrato nel 2013, quando papa Bergoglio ebbe a dichiarare che “se una persona omosessuale è di buona volontà e in cerca di Dio, io non sono nessuno per giudicarla. Dio ci ha resi liberi”. Tuttavia – a oltre dieci anni dal giorno in cui sono state pronunciate – queste parole non sembrano aver fatto completamente breccia nel mondo cattolico, se è vero come è vero che, in esso, permane tuttora un retroterra culturale che tende a distinguere gli individui sulla base dei loro orientamenti sessuali e delle loro identità di genere. Ad esempio, proprio in Italia, esistono delle associazioni di matrice religiosa che propongono e organizzano le cosiddette “terapie di conversione”, che consistono in tentativi pseudo terapeutici di modificare l’orientamento sessuale di una persona, basandosi sul presupposto che la sua “devianza” sia una malattia e che, quindi, come tale debba essere curata.
La storia ci insegna che, in generale, il rapporto tra le religioni – soprattutto quelle abramitiche – e l’ omosessualità è sempre stato molto contrastato ed è a tutt’oggi oggetto di valutazioni certamente non univoche, ma che, al contrario, oscillano tra atteggiamenti improntati ad una qualche (sia pur moderata) apertura nei confronti della diversità sessuale ed altri di drastica (e talvolta violenta) condanna.
Poiché, comunque, nella maggior parte delle fedi religiose, le opinioni sull’omosessualità riflettono il dettato dei testi sacri e degli insegnamenti tradizionali, a noi pare che la via che conduce ad una rivisitazione più serena del confronto tra religione e sessualità debba passare, inevitabilmente, anche attraverso l’adozione di un metodo interpretativo delle Scritture che sappia contestualizzarle nel loro ambito storico e culturale, superando così certe anacronistiche interpretazioni letterali che, con ogni probabilità, sono all’origine di troppe incrostazioni discriminatorie.
Credits Foto: Agenzia Fotogramma
13 Gennaio 2025
Scritto da: Redazione
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