Franco Basaglia e la sua “Psichiatria Democratica”

Oggi, 11 marzo, se fosse ancora tra noi, Franco Basaglia – il più profondo innovatore della psichiatria italiana – avrebbe compiuto cento  anni. Era nato, infatti, proprio in questo giorno del 1924 a Venezia, anche se potremmo dire che il vero anno di svolta della sua vita sia quel 1961 che lo vede assumere l’incarico di  direttore dell’ospedale Psichiatrico di Gorizia, dove viene, per la prima volta, davvero a contatto con le penose condizioni dei ricoverati, spesso costretti a subire trattamenti disumani come gli elettroshock, le lobotomie o i bagni ghiacciati. Nei casi meno cruenti, i pazienti vengono, comunque, stabilmente sedati attraverso psicofarmaci somministrati in dosi da cavallo. Ed è proprio in questa fase della sua carriera di medico, che in Basaglia comincia a maturare una concezione alternativa della scienza psichiatrica, fondata sull’esigenza di riconoscere diritti e dignità anche a chi è ospitato in un manicomio. Così, decide di abolire sia le contenzioni fisiche, che gli elettroshock, cercando di stabilire con i pazienti un dialogo che tenga conto anche delle loro sensibilità.

Introduce, ad esempio, nella routine quotidiana delle loro esistenze, anche situazioni di aggregazione come i laboratori artistici o le gite in comune. Tuttavia,

si tratta di idee che vanno a scontrarsi con tutta una serie di pregiudizi che orientano ancora l’opinione pubblica di quei primi anni 60, nei quali i malati psichici, a prescindere dal tipo di patologia che li affligge, sono considerati soggetti, comunque, pericolosi e da tenere, pertanto, isolati dal resto della società, relegandoli in strutture – quali sono, appunto, i manicomi – che più che terapeutiche, appaiono di reclusione.  La battaglia non è, quindi, delle più facili, poiché non si combatte soltanto sul piano scientifico, ma anche (e soprattutto) su quello culturale. Per queste ragioni, nel 1973, Basaglia fonda il movimento di “Psichiatria Democratica”, con la finalità di coniugare il cambiamento psichiatrico con quello politico: in tal modo, ottiene nel 1977 la chiusura dell’ospedale psichiatrico “San Giovanni” di Trieste (del quale, nel frattempo, ha assunto la direzione), sino ad arrivare, il 13 maggio del 1978, all’approvazione della cosiddetta “Legge Basaglia”, che riscrive il concetto di malattia mentale e pone fine ai tradizionali manicomi, sostituendoli con gli attuali servizi di cura territoriale che vanno dai reparti specializzati in psichiatria negli ospedali ordinari ai centri di salute mentale.

Certo, ancora oggi – ad ormai 46 anni dalla sua promulgazione – non si può dire che la riforma voluta dal grande psichiatra veneziano sia realmente e completamente entrata a far parte del nostro comune sentire: sono troppe, infatti, le riserve mentali e le diffidenze ancora presenti presso ampie fasce della  popolazione italiana. Specialmente quando si verificano fatti di cronaca che hanno per protagonisti soggetti con problemi mentali: non a caso, è proprio in queste circostanze che tornano a farsi sentire altisonanti le opinioni di quanti ritengono opportuno il ripristino delle misure di trattamento pre basagliane.

Pertanto, secondo voi, il pensiero di Franco Basaglia conserva a tutt’oggi ancora intatta la sua attualità?