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Il 3 aprile 1924, nasce ad Omaha (in Nebraska) Marlon Brando, che oggi compirebbe, quindi, cento anni. Lo straordinario attore, passato alla storia dello spettacolo per la sua innata capacità di immedesimarsi nei personaggi che interpretava (esprimendone anche le più intime sfumature psicologiche), inizia la sua carriera con il teatro, dove, già nel 1950, ottiene a Broadway un primo ed eclatante successo, recitando la parte del protagonista nel dramma di Tennessee Williams “Un tram che si chiama desiderio”. Ed è sempre nello stesso anno che Brando comincia ad imporsi anche sullo scenario cinematografico, attraverso il film “Il mio corpo ti appartiene” (diretto da Fred Zinnemann), in cui, dando vita ad un reduce di guerra paraplegico, ha modo di ipnotizzare il pubblico americano, che comincia così a fare la conoscenza con il suo magnetismo e le sue intense espressioni. Da quel momento, ha inizio il suo decennio d’oro, costellato da una serie di films che, tra l’altro, per quanto riguarda il cinema statunitense degli Anni 50, esprimono anche un nuovo stile di recitazione: e stiamo parlando di opere come “Viva Zapata”, “Giulio Cesare”, “Il selvaggio” e “Fronte del porto”, che gli fa guadagnare l’ambito Oscar di migliore attore protagonista nel 1956, consacrandone il mito di assoluto e bizzoso re di Hollywood.
Tuttavia, lo spettro della decadenza sia fisica, che artistica è dietro l’angolo e, infatti, dopo il trionfo di incassi fatto registrare nel 1962 da “Gli ammutinati del Bounty”, Marlon Brando comincia a dare segni di noia e di disinteresse rispetto alla sua immagine pubblica ed alla sua professione di attore, ritirandosi nell’isola di Thaiti e divenendo, al tempo stesso, una sorta di portavoce di lusso dei diritti delle minoranze etniche, ma sempre meno corteggiato dalle maggiori case di produzione cinematografica.
Il declino di Brando sembra ormai divenuto irreversibile, quando un benevolo destino batte nuovamente alla sua porta, nella persona di Bernardo Bertolucci che lo vuole con sé per realizzare “Ultimo tango a Parigi”: l’opera scandalosa che regalerà, per la prima volta, la fama mondiale al regista parmense.
Di conseguenza, rilanciato grazie al cinema europeo, Brando attira su di sé l’attenzione di Francis Ford Coppola, il quale insiste, su una più che perplessa Paramount, per averlo nella parte di Don Vito Corleone ne “Il Padrino”. Abbiamo tutti ben presente come il divo richiamato in scena, attraverso una voce roca, pochi gesti con la mano ed un uso controllato dello sguardo, abbia saputo fornire una delle più formidabili prove di bravura interpretativa. E non a caso, il risultato sarà, per Brando, il suo secondo Oscar, quale miglior attore protagonista, nel 1973. Passeranno sei anni e, nonostante una vita privata funestata da drammi come il suicidio di una figlia, il mitico attore saprà ancora dare – sempre sotto la regia di Coppola – un saggio della sua maestria, recitando la parte del colonnello Kurtz in “Apocalypse Now”. Poi saranno soltanto abbandono e depressione, fino all’enfisema polmonare che se lo porterà via nel 2004.
Su Marlon Brando, vogliamo ricordarvi le parole di Al Pacino, secondo cui “recitare con Brando è come recitare con Dio”.
Pertanto, secondo voi, il fascino di Marlon Brando conserva ancora oggi inalterata tutta la sua attualità?
In un quadro geopolitico che si sta facendo sempre più complesso ed insidioso, l’Esercito italiano si trova a dover studiare tutte le possibili soluzioni per arricchire il suo organico, portandolo a livelli numerici sensibilmente superiori agli attuali. Tuttavia, la cosa potrebbe rivelarsi tutt’altro che agevole, vista la scarsa propensione delle ultime generazioni dinanzi all’idea di intraprendere una carriera militare. E così, sembra stia iniziando a farsi strada, presso il ministero della Difesa, l’ipotesi di aprire le patrie caserme anche a cittadini stranieri. Niente a che vedere – sia chiaro – con l’ esperienza della Legione Straniera francese che, sostanzialmente, accoglie tra le sua fila chiunque, a prescindere dalla sua fedina penale… ma, al contrario, si tratterebbe di un percorso molto selettivo che dovrebbe portare alcuni giovani, già residenti in Italia, ad indossare la divisa mimetica nazionale. Si pensa, in sostanza, a soggetti che, vivendo da tempo tra di noi, abbiano ormai assimilato, in maniera sufficiente, la nostra cultura e la nostra lingua e che possano, pertanto, essere facilitati anche nell’acquisizione della cittadinanza italiana. Tra i vertici dello Stato Maggiore si comincia, dunque, a considerare, con sempre maggiore attenzione, che ci sono migranti – soprattutto tra quelli di seconda generazione – che, se bene inseriti, potrebbero risultare di grande utilità: in particolar modo, laddove il nostro Esercito è impegnato in missioni nelle quali la presenza di soldati originari dei Paesi in cui queste si compiono, finirebbe per svolgere una funzione spesso fondamentale nei rapporti con le popolazioni locali.
Ciò nonostante, almeno a nostro parere, una scelta innovativa di questo tipo porrebbe il problema preliminare di accertare se veramente chi presenta la domanda di arruolamento lo stia facendo perché sinceramente mosso dal desiderio di aderire ad una prospettiva che è fatta non solo di parate e di battaglie simulate, ma anche di rischi molto concreti per la propria incolumità. In altre parole, bisognerebbe prestare la massima attenzione a non inquadrare, nelle nostre Forze Armate, individui che – magari per disperazione – le considerino banalmente un’opportunità di lavoro come un’altra…
Che ne pensate di allargare anche a volontari non italiani i ruoli delle nostre Forze Armate? Vi sembra un’opportunità da prendere davvero in seria considerazione?
Risultati del sondaggio sui nostri social:
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Credits Foto: GoodFon
03 Aprile 2024
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Scritto da: Giornale Radio
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