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A cura di Ferruccio Bovio
Non saremo certo noi, generazioni sessantottarde, a biasimare l’occupazione di un liceo o di una facoltà universitaria: con tutte le fesserie che abbiamo fatto in gioventù non ne avremmo proprio le carte in regola…Anzi, probabilmente, siamo oggi quasi istintivamente portati a non dare troppa rilevanza a quelle che, da almeno un mese a questa parte, vengono purtroppo ripetute negli atenei di mezzo mondo…E così, con colpevole leggerezza, non ci facciamo neanche caso se, alla ormai vetusta barba caraibica di Fidel Castro, i nostri novelli campioni dell’anti occidentalismo stanno sostituendo – contenti loro – la kefiah di Yassir Arafat e di tanti altri bei democratici capi e capetti mediorientali. Tuttavia, cari amici della Sinistra italiana ed europea, è forse giunto il momento di cominciare a riflettere, con un minimo di attenzione in più, sulla svolta inquietante che il moto spontaneo di solidarietà filo palestinese ha assunto in questi ultimi tempi. Nelle aule dei nostri istituti universitari si è, infatti, partiti dalla discutibilissima pretesa di disdire ogni rapporto con la comunità accademica israeliana per poi approdare – in un crescendo rossiniano di istanze sempre meno lucide – addirittura alla trasformazione delle sale occupate in moschee, nelle quali – come è avvenuto di recente a Torino – si pronunciano, beatamente, dei sermoni che inneggiano alla Jihad non solo a Gaza, ma anche all’ombra della Mole Antonelliana… Francamente, nel leggere, il resoconto di quanto è avvenuto venerdì scorso, ci siamo chiesti se fossimo sulle pagine di cronaca del maggiore quotidiano piemontese oppure su quelle del famoso romanzo di Michel Houellebecq…Un’istituzione laica ed universale – dalla quale è lecito aspettarsi solo autonomia ed equidistanza – aveva aperto le sue porte ad una religione (non importa quale), nella sostanziale impotenza di un Rettore, che si è limitato a precisare di non avere più il controllo di quello che succede “li dentro”, da quando l’Ateneo è occupato.
È accettabile che sia soltanto un gruppo (tra l’altro più rumoroso, che maggioritario) di studenti a stabilire chi possa parlare e chi no all’interno di un’università italiana? Forse in Iran i pasdaran possono farlo, ma, nella Torino di Norberto Bobbio o di Franco Antonicelli, la cosa ci sembra stonare davvero…
Credits Foto: Agenzia Fotogramma
Scritto da: Giornale Radio
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