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A cura di Ferruccio Bovio
Può destare una certa sorpresa – perlomeno in chi non ha seguito le vicende giudiziarie che hanno investito la vita politica italiana negli ultimi trent’anni – la decisione dei giudici del riesame del Tribunale di Genova di non revocare gli arresti domiciliari al presidente della Regione, Giovanni Toti. Secondo la difesa del governatore ligure, impersonata dall’avvocato Stefano Savi,
l’idea che il suo assistito, riprendendo una normale attività politico – amministrativa, possa tornare a commettere reati simili a quelli che gli vengono oggi contestati, appare come “un pregiudizio o un processo alle intenzioni” che è certamente “estraneo” al tema che è attualmente “oggetto di giudicato”. Ma ancora più sconcertante della scelta stessa di impedire a Toti di tornare ad una vita normale, ci sembrano essere le argomentazioni con cui i giudici spiegano le ragioni per le quali l’indagato potrebbe nuovamente reiterare il reato. Toti avrebbe, infatti, semplicemente dimostrato “di non aver compreso appieno la natura delle accuse”, poiché le ipotesi di corruzione sarebbero “sorrette da gravi indizi che egli non ha inteso contestare”. In altre parole, siccome Toti è convinto di avere sempre agito in maniera corretta e di non avere, quindi, commesso alcun reato, allora è opportuno che se ne stia ben rintanato in casa, fino a che “pentito” (o, comunque, psicologicamente logorato) non si deciderà ad andare a Canossa dai giudici per chiedere perdono per quei famosi 74mila euro – sia chiaro, tutti regolarmente tracciati – che l’imprenditore Aldo Spinelli gli bonificò quale contributo per la campagna elettorale.
Sono oltre due mesi che il presidente della Liguria è stato privato della libertà e noi stentiamo, francamente, a capire in che cosa mai potrebbe oggi consistere la sua pericolosità, visto che ogni sua eventuale azione amministrativa sarebbe comunque, certamente, sottoposta ad un controllo asfissiante da parte non solo della magistratura, ma anche di tutti i media…Davvero Giovanni Toti è un malfattore così inguaribile ed incallito da ricadere nei presunti vecchi errori, non appena rientrato negli uffici di Piazza De Ferrari?
Pertanto, ci pare legittimo sospettare che, ancora una volta, la detenzione domiciliare sia, più che altro, una modalità di pressione per obbligare alle dimissioni un presidente che, fino a ieri, era pur sempre stato eletto a larghissima maggioranza dei voti.
E se le cose stanno così, può ben rassegnarsi Giovanni Toti ad osservare la vita che scorre dalle finestre di casa sua: almeno fino al settembre del 2025, quando gli elettori liguri saranno nuovamente chiamati alle urne per le prossime consultazioni amministrative.
Scritto da: Giornale Radio
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