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Gucci scommette su Demna come nuovo direttore artistico di uno dei marchi più iconici del Made in Italy. Ma Borsa e analisti bocciano la nomina, arrivata ieri sera a mercati chiusi, come un fulmine a ciel sereno sia tra gli addetti ai lavori, che vociferavano da mesi di un’imminente ingresso di Hedi Slimane al timone del marchio della doppia G, sia tra gli investitori. In mattinata il titolo di Kering a Parigi ha perso il 14% mentre gli analisti di Barclays raccomandano prudenza, bollando l’estetica “audace e controversa” di Demna come un “rischio per Gucci”, alla ricerca di un modo per risollevare le proprie sorti dopo che negli ultimi anni ha fatto fatica a trovare una sua voce.
Georgiano, 44 anni da compiere il 25 marzo prossimo, Demna Gvasalia, questo il nome all’anagrafe, per dieci anni ha guidato con coraggio Balenciaga, marchio nell’orbita del colosso francese del lusso Kering. Dieci anni durante i quali non solo lo stilista ha rivoluzionato un marchio che sembrava dimenticato e impolverato, ma ha imposto uno stile pienamente riconoscibile e anzi persino inscindibile dal suo nome. Fondatore assieme al fratello Guram del collettivo Vêtements, Demna è il nome sul quale i vertici di Kering hanno deciso di puntare ritenendolo, a ragione, “uno dei più grandi designer di questa generazione” che “sa entrare in contatto con le nuove generazioni come pochi altri” usando le parole di Francesca Bellettini e Stefano Cantino, rispettivamente vicedirettrice generale responsabile dello sviluppo delle maison Kering e amministratore delegato di Gucci.
La nomina di Demna, che prende il posto di Sabato De Sarno, diventerà effettiva a partire da luglio, subito dopo la sfilata di haute couture di Balenciaga e anche se non è stata ancora comunicata una tempistica sulla prima collezione per il marchio della doppia G, François-Henri Pinault, presidente & ceo di Kering, non ha dubbi che “la sua forza creativa è ciò di cui il marchio Gucci ha bisogno ora”. Un merito che gli va certamente riconosciuto è quello di essere interprete assoluto del nostro tempo, grazie anche a uno stile immediatamente riconoscibile, che parla senza filtri ai giovani. A modo suo, certo, e con la sua estetica, legata all’era postsovietica e nutrita di contaminazioni tra sportswear, cultura digitale e vintage, spesso al limite del brutto ma che ha portato una ventata d’aria fresca, e nella maggior parte dei casi sovversiva e ruvida, sulle pedane internazionali. Assieme alla stylist Lotta Volkova e a creativi come Gosha Rubchinskiy, dieci anni fa Demna ha avviato una vera rivoluzione e in una manciata di stagioni ha imposto sua visione avanguardista, riscrivendo le regole del fashion system.
Una moda ribattezzata inizialmente dagli addetti ai lavori come ‘Post Soviet Style’ o ‘Post-Soviet Cool’, che se per certi versi stride con il sistema moda, nel quale per anni ha dominato l’estetica glamour di griffe blasonate, per altri si è imposta come la formula vincente per scalzare dall’Olimpo del fashion figure più impolverate. I fratelli Gvasalia con il collettivo Vêtements sin dalla prima collezione sono riusciti a dare uno scossone ai puristi della moda. Basti pensare che i primi due défilé vengono presentati in due location insolite per una passerella: prima nelle stanze di Le Depot, storico sex club gay parigino, poi chez Le Président, un ristorante cinese un po’ sopra le righe. Niente modelle in pedana, solo amici, conoscenti o gente reclutata in strada. Persone normali, con corpi normali, tanto da spingere ‘Vogue Uk’ a coniare il neologismo ‘Nodels’, ossia ‘no-models’. Quella di Demna (un passato nelle fila di Maison Margiela e Louis Vuitton) in particolare, è una moda ‘concreta’, lontana anni luce dal sogno che spesso i creativi cercano di imporre in passerella, capi “che la gente vuole indossare”.
Una strada spianata da avanguardisti puri come Martin Margiela o l’intellettuale Rei Kawakubo, apprezzati negli anni ’90 da una ristretta cerchia di happy few, ma che all’epoca scioccarono gli addetti ai lavori per la rottura che rivendicavano con il sistema. Oggi la questione è diversa, si tratta di una moda che in una manciata di anni si è trasformata in un’estetica mainstream, grazie a un guardaroba facile da indossare, vicino allo streetwear e carico di riferimenti immediatamente riconoscibili, che hanno avuto una forte eco soprattutto sui social network. Cosa c’entra tutto questo con Gucci? Niente, verrebbe da dire in un primo momento. E infatti i timori della Borsa e degli analisti sembrano essere in qualche modo giustificati. “La scelta di nominare Demna ci ha sorpreso, considerando la sua estetica audace e a volte controversa” riflettono da Barclays, ritenendo che in questa fase “l’annuncio comporti tanto rischi quanto opportunità”.
Al tempo stesso la mossa di Kering viene letta come un totale cambio di marcia per tornare ad essere un’autorità della moda, e l’ingresso nel marchio della doppia G può rappresentare “un grande passo avanti rispetto alle dimensioni più ridotte di Balenciaga” visto che Gucci genera circa 8 miliardi di euro di fatturato e Balenciaga circa 2 miliardi. Nonostante la prudenza sia d’obbligo occorre ricordare che non è la prima volta che Demna mette le mani su Gucci: nel 2021, insieme ad Alessandro Michele, allora direttore creativo della griffe fiorentina, ha realizzato una collezione sperimentale fondendo loghi, estetica e narrazioni, risultata tra le più riuscite nella storia delle collab. Viene quindi da pensare che le premesse per un debutto di successo ci siano tutte. Quale sarà la sua visione, e quanto saprà in grado di conciliare un heritage importante come quello di Gucci con il suo modo di pensare la moda è un altro paio di maniche. Di sicuro, c’è che la nomina di Demna ha contribuito a dare uno scossone a un sistema moda che, salvo qualche eccezione, fatica in questo periodo storico a emozionare e ad avere una visione di lungo periodo. (di Federica Mochi)
Scritto da: Giornale Radio
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