Il punto della settimana

La confusione regna sovrana

today13 Aprile 2025

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A cura di Ferruccio Bovio

Non possiamo certo dire che la settimana che abbiamo appena archiviato sia trascorsa all’insegna della routine e del quieto vivere. 

Gli annunci di Trump sui dazi relativi ai beni importati negli USA – tra l’altro in percentuali notevolmente superiori rispetto a quanto ci si potesse aspettare – unitamente alle contro misure adottate (o, comunque, minacciate) dagli altri partner commerciali (in particolare dalla Cina), hanno, infatti, provocato uno tsunami  che ha travolto i mercati finanziari di ogni continente, causando clamorosi crolli in tutte le maggiori Borse mondiali. 

A preoccupare sia gli addetti ai lavori, che i semplici risparmiatori è soprattutto la totale mancanza di chiarezza per quanto riguarda le prospettive dell’economia globale: mancanza ultimamente accentuata, nella sua gravità, dal venir meno, sullo scenario internazionale, di alcuni punti di riferimento istituzionali – credibili ed affidabili – ai quali, in passato, i mercati si aggrappavano per poter nutrire qualche certezza circa loro futuro. E in effetti, non ci pare, al momento, di poter osservare in giro qualcosa che possa, in qualche modo, richiamare l’autorevolezza dimostrata dall’Amministrazione Obama all’epoca della grande crisi dei mutui “sub prime”, oppure, nel 2012, dalla BCE di Mario Draghi dinanzi alle difficoltà del debito sovrano europeo. Al contrario, l’impressione sgradevolissima che, in questi ultimissimi giorni, abbiamo tratto dal comportamento ondivago della Casa Bianca, ci induce a pensare che ad alimentare la crisi che stiamo vivendo sia proprio – non si capisce se inconsapevolmente o proditoriamente – uno di quei centri di potere che, normalmente, dovrebbero, invece, costituire una sorta di garanzia estrema (o come si dice di “ultima istanza”).

Ed anche l’improvviso rinvio di 90 giorni dell’entrata in vigore dei dazi, subito dopo averne annunciato la partenza, non si comprende bene se sia stato dettato dal panico di un incompetente apprendista stregone di fronte alle non calcolate reazioni dei mercati, oppure dalla mossa azzardata di un pokerista abituato a tenere una pistola sul tavolo verde, per ricordare agli altri giocatori che, comunque andranno le carte, alla fine la partita l’avrà vinta lui.  

Possibile che la prima potenza economica e finanziaria del mondo, scegliendo la politica delle barriere doganali, non si accorga di essersi, tafazzianamente, incamminata lungo la strada dell’auto penalizzazione? Possibile che a Washington non ci sia proprio nessuno che se la senta di ricordare al Presidente che, in un’economia globale profondamente interconnessa come quella attuale, diventa praticamente impossibile isolarsi, resuscitando teorie mercantilistiche  che affondano le loro radici addirittura nella Francia del Re Sole…

L’odierna industria americana compra, in larga misura, i componenti essenziali per la fabbricazione dei suoi prodotti al di fuori dagli Stati Uniti. Lo stesso Elon Musk, di recente, è stato polemicamente definito un “assemblatore” di automobili, piuttosto che un “costruttore”…Ora non c’è chi non veda che l’applicazione di pesanti dazi su questi componenti di provenienza estera non potrà fare altro che creare grossi problemi – facendole perdere competitività ed alimentando l’inflazione – proprio a quella manifattura Usa statunitense che Trump afferma, invece, di voler rilanciare. Ed a questo proposito, un po’ tutti i giornali, in queste ultime ore,  hanno presentato come emblematica la situazione di Apple che, tra un dazio e l’altro, rischia di vedersi costretta ad aumentare i prezzi dei suoi iPhone nella misura del 43%, facendoli pagare 2.300 dollari al consumatore finale…

A noi non resta che rimanere in attesa per vedere quali saranno le reazioni di quella comunità finanziaria americana che tanto aveva sponsorizzato l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Per ora – salvo l’epiteto di “cretino” affibbiato da Elon Musk al teorico dei dazi (nonché ispiratore della Presidenza), Peter Navarro – i muri dello Studio Ovale sembrano presentare ancora poche crepe, ma si sa che, di solito, nessuno è disposto a perdere i suoi miliardi per pura osservanza politica… 

Fonte della Foto: Wikipedia (CC BY 3.0 US)

13 Aprile 2025

Scritto da: Giornale Radio

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