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today18 Aprile 2025
(Adnkronos)
Nella sede della Fondazione Med-Or, si è tenuto l’evento “AI e Supercomputing al servizio dell’Intelligence Economica”, un workshop che ha riunito accademici, esperti di tecnologia e rappresentanti del mondo industriale per discutere il ruolo crescente dell’intelligenza artificiale (AI) e del calcolo ad alte prestazioni (HPC) nell’analisi dei dati economici e geopolitici.
Dopo l’introduzione del presidente della Fondazione Marco Minniti, sono intervenuti Emilio Billi, professore alla San José State University e uno dei massimi esperti internazionali di AI, Andrea Bairati, presidente dell’Associazione Italiana per la Ricerca Industriale (Airi), e Stefano Ciurli, Head of Global Services di Enel.
Nel suo intervento, Marco Minniti ha posto l’accento sulla necessità di superare l’individualismo creativo ma frammentato del “sistema Paese” italiano, promuovendo una visione strategica condivisa che sappia valorizzare strumenti di soft power come quello offerto dalla Fondazione Med-Or. In un mondo dove sembrano prevalere logiche di hard power, ha detto Minniti, scommettere su progettualità, conoscenza e cooperazione può rappresentare un’alternativa credibile e necessaria.
Il presidente della Fondazione ha richiamato l’urgenza di costruire un dialogo strutturato con il Sud globale, evidenziando il potenziale dell’Italia come interlocutore privilegiato in un contesto geopolitico in profonda trasformazione. L’istituzione di osservatori sull’America Latina e l’Indo-Pacifico, il rafforzamento della presenza in Africa e Medio Oriente (con sedi previste in Kenya e negli Emirati Arabi) e l’attenzione al continente sudamericano sono tutti tasselli di una strategia che punta a intercettare i nuovi protagonisti della scena mondiale.
Emilio Billi ha offerto una prospettiva che difficilmente si può ascoltare da queste parti: è uno scienziato, un inventore e un imprenditore che ha vissuto gli anni più dinamici della Silicon Valley mantenendo un forte legame con l’Italia e l’Europa. Uno che conosce l’AI, e può capirne le traiettorie, come pochi al mondo: quella che era una tecnologia per pochi eccentrici è oggi uno degli assi centrali della competizione geopolitica globale. Il salto di paradigma, ha spiegato, è stato reso possibile dalla crescita vertiginosa della potenza di calcolo: da 10^12 operazioni al secondo (intelligenza di un topo) a 10^18 (livello del cervello umano), soglia superata tra il 2023 e il 2025 grazie alle architetture parallele e alle GPU.
L’elemento dirompente? L’adozione di modelli matematici semplici ma estremamente efficienti e l’uso di strutture neurali che apprendono in modo dinamico dai dati. Tecnologie come i transformer – nati nel 2017 – permettono ai modelli di “leggere” miliardi di dati simultaneamente, riconoscendo pattern e gerarchie di significato. “Non è più imitazione dell’intelligenza umana – ha chiarito Billi – ma una nuova forma di intelligenza capace di risolvere problemi senza programmazione esplicita”.
Tuttavia, ha ammonito, non è chi possiede l’algoritmo a dominare il campo, ma chi ha la potenza di calcolo. E oggi, in questo, gli Stati Uniti detengono un vantaggio strutturale, grazie al controllo dell’hardware. “L’Europa ha competenze, idee e intelligenze – basti pensare a Mistral o Minerva – ma senza macchine proprie, resta dipendente”.
Andrea Bairati ha sottolineato come l’intelligenza artificiale stia rivoluzionando il modo in cui le aziende acquisiscono, analizzano e impiegano le informazioni strategiche. L’AI, ha spiegato, automatizza la raccolta di dati, elabora grandi volumi informativi in tempo reale, fornisce analisi predittive e riconosce pattern decisionali. Un alleato strategico dell’intelligence economica, in grado di migliorare sensibilmente la qualità e la tempestività delle decisioni.
L’Europa, secondo Bairati, può giocare un ruolo di primo piano grazie alle sue capacità scientifiche, alla qualità della regolazione – che può diventare un vantaggio competitivo – e a una popolazione preparata. Ma serve coraggio per non restare follower nel grande gioco dell’innovazione.
Infine, Stefano Ciurli ha illustrato come Enel stia già integrando massivamente l’AI nei propri processi. Con oltre 250 applicativi AI attivi e una base dati di 92 petabyte, la multinazionale italiana dell’energia ha adottato un approccio digitale capillare, con il 99,8% dei processi cloud-based.
L’intelligenza artificiale viene utilizzata per la manutenzione predittiva degli impianti, l’ottimizzazione della distribuzione e la personalizzazione delle relazioni con i clienti. Ma Ciurli ha anche evidenziato le sfide legate alla regolamentazione (AI Act europeo) e alla necessità di coordinare gli sviluppi tecnologici su scala aziendale: “Servono scelte strategiche integrate e coerenti. Serve capire dove siamo padroni di una tecnologia, e come possiamo applicarla”.
Sulla grande questione del consumo energetico di sempre più diffusi data center, un tema che unisce lo scienziato di San José e il manager dell’Enel, la prospettiva è ottimista e non catastrofista come spesso si legge: chip sempre più efficienti permetteranno di ridurre il dispendio non solo di elettricità ma anche di acqua, grazie ai cosiddetti centri “dry”. E l’intelligenza artificiale sarà al servizio dell’efficienza energetica: oggi quello che costa è tenere accesi miliardi di smartphone, tablet e computer. Un loro uso ottimizzato può cambiare la traiettoria del consumo globale.
In chiusura, un idea condivisa: l’AI è assertiva, non riflessiva. Risponde, ma non si chiede se la domanda è posta correttamente. Il che implica, più che mai, responsabilità umana e governance trasparente.
Scritto da: Giornale Radio
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