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today6 Giugno 2025
(Adnkronos)
“Le probabilità di recessione dell’economia statunitense, che prima dell’arrivo di Trump erano zero, adesso sono fortemente aumentate, viaggiano sopra al 60/70% ma sono condizionate da quello che Trump farà con i dazi. Se il presidente dovesse insistere con questa crociata protezionista è pressoché scontato che possa arrivare una recessione unita ad un’inflazione che aumenta e quindi avremmo una Stagflazione in America”. Lo ha detto all’AdnKronos Paolo Guerrieri, professore di economia internazionale alla Sciences Po di Parigi, commentando le politiche commerciali statunitensi.
Da un lato c’è questa linea oltranzista mentre dall’altro se Trump tornasse sui suoi passi e arrivasse a più “miti consigli ci sarebbe comunque un rallentamento dell’economia degli Usa” che da una crescita stimata in precedenza al 2,5% scenderebbe di un punto se non un punto e mezzo ma “almeno si eviterebbe la recessione e si mitigherebbe l’inflazione”. Fra la linea dura e la marcia indietro per Guerrieri “dovremmo arrivare prima o poi ad uno dei due scenari. L’auspicio è che prevalga chiaramente il secondo”. Ma, aggiunge, oltre a tornare sui suoi passi, per aiutare l’economia globale, Trump “dovrebbe anche dare un minimo di certezza alle sue decisioni”.
Mentre viene minata l’affidabilità dell’economia statunitense a causa delle decisioni di Trump sale la credibilità di quella europea, che vive un momento di grande opportunità ma che, chiarisce Guerrieri “deve rendere la sua area economica attraente e fare quelle cosa che da tempo vanno fatte come rafforzare il mercato interno, unificare il mercato di capitali e l’unificazione bancaria”.
Lo studioso ha spiegato che “serve un’economia mondiale aperta” in modo che i paesi che non vogliono seguire le politiche di Trump “possano trovare nell’Europa un partner in grado di sviluppare e consolidare scambi aperti e regolati. Se l’Europa farà queste cose nei prossimi anni vedremo questo vento favorevole ma se l’Europa resta ferma e rinvia questa opportunità potrebbe svanire”.
Guerrieri ha poi commentato le indicazioni dell’Istat nelle prospettive per l’economia italiana nel 2025-2026 diffuse oggi affermando che “non vediamo una soluzione al protezionismo americano e quindi è molto probabile che il commercio mondiale e quindi le esportazioni dell’Italia e degli altri paesi risentiranno negativamente e sempre di più la domanda interna e il mercato interno europeo diventerà un motore alternativo di crescita”. I dati emersi, spiega, “erano abbastanza scontati perché quello che l’Istat rileva, e che aveva evidenziato anche l’Ocse qualche giorno fa, è che iniziano a sentirsi gli effetti dei dazi di Trump, con un effetto negativo sul commercio e sulla domanda mondiale e quindi l’Italia, come altri paesi Ue, risente di questo”. “Le esportazioni sono colpite quindi il contributo esterno alla crescita rallenta o addirittura si azzera e di conseguenza – ribadisce Guerrieri – la domanda interna, i consumi e gli investimenti interni tornano ad essere un’importante fonte per sostenere la crescita. E’ prevedibile che sia un andamento che continui in futuro”.
La crescita della domanda interna è secondo lo studioso un “obiettivo che bisognava perseguire, non si poteva più contare più su motore domanda mondiale ma ravvivare motori interni e l’Italia è in linea con questo. In questo rispecchiamo andamenti che rispecchiano l’Europa”. Restano comunque preoccupazioni circa le prospettive di crescita italiana con un rallentamento del Pil allo 0,6% per quest’anno e allo 0,8% per il 2026, numeri che – evidenzia il professore – “sono più bassi di quelli previsti dal governo” e sottolineano “la crescita inferiore del Paese rispetto alla media europea”.
Altrettanta preoccupazione è stata espressa dal professore circa quello che doveva essere l’impatto più importante del Pnrr, ovvero legare gli investimenti alle riforme ma che ad oggi “è un capitolo che, come hanno segnalato l’Ocse e il Fondo monetario, è molto al di sotto di quello che dovevano essere i risultati da ottenere. Se manca il connubio investimenti e riforme mancherà il risultato più importante”.
Secondo Guerrieri andava “accompagnato l’‘effetto domanda’ con l’‘effetto offerta’, ossia aumentare la capacità di produrre e di crescere, e questo lo dovevano dare soprattutto le riforme che dovevano accompagnare la spesa investimenti”.
“Finito l’effetto Pnrr nel 2026 ci ritroveremo con gli stessi problemi di prima e con questa anemica crescita del Paese che è il vero punto. Per vent’anni la crescita italiana è stata inferiore alla media europea – ricorda Guerrieri ribadendo che – ora dovremmo crescere più della media per recuperare e invece le prospettive dicono che torneremo a crescere meno nei prossimi anni”.
Scritto da: Giornale Radio
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