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today29 Settembre 2025
Droni russi: Kiev sotto attacco per 12 ore, quattro morti, tra cui una bambina. Zelensky avverte sull’Italia, Tajani frena: ‘Nessun allarme’.
Centinaia tra droni e missili sono stati utilizzati dalle forze russe per attaccare Kiev. L’assalto è durato circa 12 ore e ha provocato la morte di almeno quattro persone, tra cui una ragazzina di 12 anni; 14 i feriti. L’operazione è stata effettuata a ondate. Sciami di droni sono stati lanciati in diverse regioni ucraine e i velivoli si sono poi diretti verso la regione di Kiev e la capitale.
I primi droni sono arrivati nella capitale poco dopo le 4.00 del mattino di ieri. Intorno alle 5:00 sono stati lanciati missili, alcuni su Kiev altri su Zaporizhzhia. Alle 6:00 è arrivata un’altra ondata di droni. La Polonia ha fatto decollare i suoi caccia e chiuso parzialmente il suo spazio aereo.
Fanno discutere le affermazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo cui “l’Italia potrebbe essere la prossima” nazione obiettivo delle incursioni di droni russi. “Noi non abbiamo nessun riscontro di questo tipo. Comunque il nostro sistema di difesa aerea opera 24 su 24, è capace di abbattere qualunque intrusione. Non bisogna creare allarme nell’opinione pubblica”, ha detto il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani.
Intanto, i voli di droni civili saranno vietati in tutta la Danimarca a partire da domani e fino a venerdì, in coincidenza con il vertice informale dei leader dell’Unione Europea. Misteriosi avvistamenti di droni in tutta la Danimarca hanno provocato dal 22 settembre la chiusura di diversi aeroporti. Copenaghen non esclude un coinvolgimento russo, accuse che Mosca ha respinto.
Negli ultimi mesi, l’uso massiccio di droni da parte della Russia – in veste non solo di ricognitori ma come principali vettori offensivi – ha acquisito caratteristiche sempre più sistematiche. Non si tratta più solo di singole incursioni, ma di sciami di droni, ondate continue che mirano a saturare le difese aeree: un metodo che sfrutta la molteplicità per disperdere l’attenzione, consumare risorse e generare confusione.
Decoy + vero attacco: alcune delle unità lanciate sono droni “esca”, progettati per sembrare veri ma servire solo a distrarre i radar, le contromisure elettroniche, o i sistemi di intercettazione. Questo costringe le forze difensive a impegnarsi anche contro falsi bersagli, riducendo la capacità di risposta agli apparecchi realmente pericolosi.
Molteplicità come arma principale: centinaia di piccoli droni insieme a missili richiedono che le difese aeree operino non su un singolo bersaglio, ma su agglomerati di minacce quasi simultanee. Lo stress operativo è alto: serve un’elevata disponibilità di radar, intercettori, personale, energia, dati.
Veloci ondate in sequenza: non basta un attacco isolato, ma una serie ordinata di attacchi – droni, poi missili, poi altri droni – per sfruttare momenti di debolezza o confusione difensiva. Le tempistiche – come le successive ondate di droni/missili nella notte – sono cruciali.
Per rispondere a queste tattiche, l’Ucraina e i suoi alleati stanno crescendo sotto diversi fronti:
Sistemi C-UAS (Counter-Unmanned Aerial Systems): tecnologie specifiche per identificare, seguire, e abbattere o neutralizzare droni piccoli, spesso a bassa quota, che sfuggono ai radar tradizionali. Queste comprendono sia soluzioni elettroniche (jamming, disturbi) che fisiche (armi antiaeree leggere o cannoni automatici contro droni).
Sorveglianza migliorata: uso di radar più sensibili, sensori ottici/infrarossi, sistemi “elevated” come aerostati o postazioni alte per captare droni che volano bassi, oltre che uso di droni amici per contro-sorvegliare.
Coordinamento NATO / alleanze: quando un drone entra nello spazio aereo di uno Stato membro, la situazione trascende i confini nazionali. È il caso della Polonia, che ha reagito attivando il sistema di allerta NATO, schierando caccia, chiudendo aeroporti, dichiarando inviolabile il proprio spazio aereo. Non è solo una questione militare, ma diplomatica e legale.
Effetto deterrente ma anche rischio di escalation: quando uno Stato come la Polonia dichiara che droni russi hanno attraversato il suo cielo, si attivano procedure come l’Articolo 4 del Patto Atlantico, segnale forte agli alleati che la minaccia non è confinata.
La guerra tecnologica come banco di prova globale: la capacità di produrre centinaia di droni al mese (anche “kamikaze” o piccoli) dà a chi li impiega un vantaggio nel logoramento. Ma dall’altra parte, chi sviluppa sistemi per contrastarli testando algoritmi automatizzati (per esempio con intelligenza artificiale per scegliere quali droni abbattere per primi) investe in difesa che potrebbe essere utile anche altrove.
Scritto da: Daniele Biacchessi
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