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Trump annuncia l’accordo tra Hamas e Israele su Gaza

today9 Ottobre 2025

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Scritto da Daniele Biacchessi

Storico accordo tra Israele e Hamas mediato da Trump: cessate il fuoco e liberazione degli ostaggi nelle prossime ore, con il ritiro dell’Idf da Gaza tranne Rafah.

È la una nella notte italiana quando il presidente Usa Donald Trump annuncia il raggiungimento dell’accordo in Medio Oriente. La firma di Israele e Hamas avverrà alle 11 italiane, poi ci sarà la riunione del gabinetto israeliano intorno alle 13. “Apprezziamo gli sforzi dei mediatori e anche quelli del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che mira a porre fine definitivamente alla guerra e a un ritiro completo dell’occupazione dalla Striscia di Gaza”, sottolinea la dichiarazione di Hamas.

I due leader si sono congratulati a vicenda per lo storico risultato ottenuto con la firma dell’accordo per la liberazione di tutti gli ostaggi. Netanyahu ha ringraziato Trump per tutti i suoi sforzi e per la sua leadership a livello globale, il presidente ha elogiato il premier per la sua guida determinata e per le azioni che ha intrapreso”, scrive l’ufficio del governo israeliano. Festa

Idf lascia la Striscia, tranne Rafah. Ostaggi liberi nelle prossime ore

L’Idf si ritirerà da gran parte della Striscia (resterà solo a Rafah) nelle prossime 24 ore, poi entro 72 ore gli ostaggi ancora vivi saranno liberati. L’accordo per la prima fase del cessate il fuoco sarà approvato da Israele non senza tensioni all’interno del Governo. Poi inizierà il conto alla rovescia per il ritorno degli ostaggi israeliani, la liberazione dei prigionieri palestinese, il ritiro dell’Idf.

A uscire per primi, accompagnati dagli uomini e dalle donne del Comitato internazionale della Croce rossa, saranno i venti israeliani vivi. Poi inizieranno le operazioni per riportare a casa i corpi di chi è stato ucciso il 7 ottobre o è morto in prigionia. Saranno liberati 250 ergastolani su 285 e 1700 persone arrestate a Gaza in questi due anni. Non sarà rilasciato Marwan Barghouti, nonostante l’insistenza di Hamas.

Il monito dell’Onu

Accolgo con favore l’annuncio di un accordo per garantire un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi a Gaza, sulla base della proposta avanzata dal Presidente degli Stati Uniti. Elogio gli sforzi diplomatici di Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia nel mediare questa svolta disperatamente necessaria. Esorto tutti gli interessati a rispettare pienamente i termini dell’accordo”. Lo scrive il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres.

Trump mediatore

I sostenitori di Trump lodano la sua capacità di spingere verso accordi concreti, considerandolo un leader che non si limita alle parole ma agisce: nel caso dell’accordo tra Israele e Hamas, Trump ha saputo usare la pressione diplomatica e politica per ottenere il rilascio degli ostaggi e un ritiro parziale delle forze israeliane da Gaza. Per questi sostenitori, il fatto che l’amministrazione statunitense abbia ripreso un ruolo attivo — non solo come facilitatore, ma come garante di tappe operative — dimostra che Trump è capace di far avanzare processi di pace che sembravano bloccati da anni.

Molti osservatori restano cauti — se non scettici — sulle reali potenzialità di queste promesse. Chi critica Trump mette in evidenza che molti dettagli critici restano ancora vaghi: che cosa succederà nel medio e lungo periodo su governance di Gaza, sul disarmo di Hamas, sulle condizioni per l’effettivo rispetto del cessate il fuoco? Alcuni temono che si tratti solo della prima fase di un processo che potrà essere vanificato da inadempienze, da pressioni esterne o da resistenze interne, sia in Israele che a Gaza.

Percezione pubblica

Un terzo elemento è il modo in cui la percezione pubblica — sia internazionale che interna — giudica Trump rispetto al tema della neutralità. Secondo alcuni sondaggi, negli Stati Uniti molti lo accusano di “schierarsi troppo con Israele”. Palestinesi e altri attori mediorientali sottolineano le sue richieste molto forti verso Hamas, accompagnate da minacce e ultimatum, che sebbene possano servire da leva, generano anche dubbi sull’equilibrio complessivo della sua mediazione.

C’è inoltre chi guarda con sospetto all’uso politico della pace come simbolo. Alcune voci — anche in Israele, tra le famiglie degli ostaggi — hanno suggerito che Trump ambisca a traguardi mediatici o prestigiosi, pensando magari a riconoscimenti internazionali come il Premio Nobel per la Pace, che possano rinforzare la sua immagine globale.

In effetti, parte dello scetticismo nasce dal fatto che accordi precedenti mediati da lui o promossi da Washington hanno oscillato tra promesse forti e realizzazioni parziali o condizioni mutate nel tempo. Questo non significa che gli obiettivi non siano validi, ma che la fiducia che si costruisce nel medio termine è fragilissima, specie in contesti devastati da guerre, distruzione, rancori e sfiducia reciproca.

Scritto da: Daniele Biacchessi


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