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Su pressione degli Stati Uniti, Israele riapre il valico di Rafah

today20 Ottobre 2025

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Scritto da Daniele Biacchessi

Sotto la spinta degli Stati Uniti, Israele fa marcia indietro sulla chiusura dei valichi e consente il ritorno degli aiuti a Gaza. Ma la tregua resta appesa a un filo.

Dietro pressioni dell’Amministrazione Trump, Israele ha deciso di ritirare la decisione di chiudere il valico per Gaza e sospendere la consegna degli aiuti umanitari. Lo hanno indicato funzionari israeliani citati da Axios, precisando che oggi riaprirà il valico e riprenderà il flusso di camion nella Striscia. Secondo Israele, il trasferimento di aiuti è stato interrotto a causa dei massicci bombardamenti e delle decine di morti di Hamas, e non in risposta alla violazione del cessate il fuoco da parte di Hamas.

L’accordo resta fragile

L’accordo rimane appeso ad un filo sottile e la situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro. Israele ha autorizzato azioni aeree in risposta al presunto attacco delle proprie forze di terra da parte di Hamas. I miliziani hanno negato, difendendo l’attacco a quelle che ha definito “bande criminali armate e finanziate” sostenute da Israele e operanti a Gaza. In seguito a queste manovre, Netanyahu ha ordinato la chiusura di tutti i valichi verso la Striscia di Gaza e di interrompere la consegna degli aiuti umanitari. A quel punto è intervenuto Trump obbligando il premier israeliano a far ripartire il passaggio di aiuti.

Torna in campo la diplomazia

Una delegazione di Hamas, guidata dal capo negoziatore Khalil al-Hayya, è arrivata al Cairo per verificare l’attuazione dell’accordo di cessate il fuoco a Gaza dopo gli scontri che stanno facendo vacillare pesantemente l’intesa. Nelle prossime ore il vice presidente americano Jd Vance e gli inviati Steve Witkoff e Jared Kushner si recheranno in Israele con l’obiettivo di stabilizzare la tregua, supervisionare il ritorno dei corpi degli ostaggi deceduti, accelerare sugli aiuti umanitari e progettare una forza internazionale di sicurezza a Gaza.

Valico di Rafah

L’importanza del valico di Rafah per la Striscia di Gaza trascende le mere dinamiche politiche: si tratta infatti di un’infrastruttura cruciale per l’accesso e la mobilità, con implicazioni umanitarie, economiche e logistiche di vasta portata. Il valico di Rafah rappresenta l’unico punto di uscita/entrata verso un Paese non israeliano, ovvero l’Egitto, per l’enclave della Striscia di Gaza.

 Ciò significa che, quando viene chiuso o pesantemente controllato, la conseguenza immediata è un serio restringimento della capacità di entrare di beni essenziali – carburante, materiali da costruzione, medicinali – e, parimenti, dell’abilità della popolazione a spostarsi al di fuori dell’enclave.

Limiti alle organizzazioni umanitarie

Dal punto di vista logistico, questa condizione impone diversi limiti operativi alle organizzazioni umanitarie: ad esempio, ogni convoglio di aiuti che entra tramite Rafah deve rispettare non solo i controlli delle autorità egiziane ma anche quelli che Israele esercita indirettamente sulla regione sud di Gaza, tramite monitoraggio o condizioni di sicurezza.

In concreto, ciò significa che l’«attivazione» del valico non è automatica né continuativa: non è un confine aperto h24 dove chiunque può passare liberamente con un veicolo privato, ma un punto che si apre o chiude a intervalli variabili, a seconda della situazione di sicurezza e degli accordi diplomatici.

Pressione Stati Uniti – problemi operativi

Questo modello intermittente genera una serie di conseguenze operative: i magazzini per gli aiuti devono avere una buona capacità di stoccaggio, perché quando il valico apre spesso entrano grandi carichi concentrati; ma quando è chiuso, si accumula ritardo, rischio di esaurimento delle scorte e interruzione dei servizi vitali (ospedali, generatori, alimentazione).

Rapporti tecnici indicano che il traffico umanitario attraverso Rafah ha avuto giorni in cui la media giornaliera di camion era ben al di sotto della necessità stimata per coprire la domanda della popolazione di Gaza. Inoltre, l’infrastruttura stessa del valico e delle strade d’accesso in territorio di Gaza è soggetta a danni durante le fasi di conflitto, rendendo la logistica ancora più complessa: danneggiamenti, controlli supplementari, deviazioni, e procedure di sicurezza altamente rigide rallentano il transito.

Gestione delle merci

Un altro elemento da considerare è la capacità del valico di gestire non solo persone ma merci. Per molte ore o giorni il transito delle merci è stato limitato o completamente sospeso, anche se il passaggio delle persone (in casi selezionati) poteva talvolta essere autorizzato. Questo crea un paradosso: anche se un punto di ingresso è tecnicamente aperto, la quantità e la qualità del traffico possono essere fortemente ridotte rispetto a un passaggio “normale”.

In situazioni di emergenza, questa limitazione comporta che gli operatori debbano pianificare per scenario di “apertura a blocchi” piuttosto che per un flusso costante. Ciò richiede risorse aggiuntive: camion in attesa, spazi di stoccaggio, personale addetto al controllo e alla distribuzione, compresi tempi maggiori per gli attraversamenti.

Scritto da: Daniele Biacchessi


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