Il Corsivo

A cinquant’anni dall’uccisione di Pier Paolo Pasolini la verità resta ancora lontana

today3 Novembre 2025

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Scritto da Daniele Biacchessi

Mezzo secolo di ombre e silenzi: l’enigma sull’assassinio di Pier Paolo Pasolini continua a sfidare la verità e la giustizia.

2 novembre 1975. Lido di Ostia, 30 chilometri da Roma. Una stradina stretta, non asfaltata, composta da ghiaia e pietre, costeggia una baraccopoli con tetti di latta, muri di cartone dove vivono centinaia di persone al di sotto della soglia minima di povertà. E’ il giorno in cui, dalla densa nebbiolina di mare, emerge ai bordi dello sterrato il corpo martoriato e senza vita di Pier Paolo Pasolini, scrittore, giornalista, poeta, regista di cinema e teatro, uno dei più importanti intellettuali italiani del Novecento. Quella notte, Pasolini viene percosso e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia.

L’inchiesta infinita

Dell’omicidio viene incolpato Giuseppe “Pino” Pelosi, diciassettenne di Guidonia Montecelio, già noto alla polizia come ladro di auto e “ragazzo di vita”, fermato la notte stessa alla guida dell’auto dello scrittore, poi condannato in via definitiva per il delitto. Tuttavia, la sua versione dei fatti cambia più volte nel corso degli anni, portando le indagini verso la pista del coinvolgimento di altre persone e l’esecuzione di un piano politico.

La morte di Pelosi nel 2017 non porta a una risoluzione definitiva, e molti aspetti del caso rimangono avvolti nel mistero. Il caso della morte di Pier Paolo Pasolini si riapre a distanza di molti anni. La verità viene chiesta a gran voce dall’avvocato Stefano Maccioni, ma cinquant’anni dopo non vi è una verità. Quanto tempo ci vorrà per ottenere piena giustizia sull’assassinio di uno dei più grandi scrittori, poeti e intellettuali del Novecento italiano?

Pier Paolo Pasolini

Figlio di un ufficiale dell’esercito italiano e di una maestra elementare friulana, Pier Paolo Pasolini nacque a Bologna il 5 marzo 1922. L’infanzia e l’adolescenza lo videro spostarsi spesso per via del lavoro del padre: a Belluno, Conegliano, Cremona e infine a Bologna, dove frequentò il liceo e si iscrisse all’Università per studiare lettere. Fin da giovane emerse in lui un duplice interesse: da un lato la poesia e la scrittura — già nel 1942 pubblicò «Poesie a Casarsa», in dialetto friulano, come omaggio al mondo rurale della madre.

Dall’altro, la volgarizzazione e la misura degli “ultimi”: nelle sue opere successive avrebbe scelto quelli che vivevano ai margini della società urbana italiana, perdendosi però nelle contraddizioni della sua epoca. Dopo la guerra, nel contesto del dopoguerra italiano, Pasolini si trasferì a Roma (nel 1950) con la madre per cercare nuove vie artistiche e intellettuali.

Fu in quegli anni che maturò la sua passione per la scrittura narrativa e la critica sociale: romanzi come Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959) mostrarono senza filtri la vita nei bassifondi romani, tra ladri, prostitute, giovanissimi senza speranza: una scelta temeraria che lo portò a scontrarsi con la morale borghese e la censura.

Nel campo cinematografico, Pasolini si impose come figura originale: il suo debutto alla regia con Accattone (1961) segnò la direzione del suo stile, interessato all’anti-eroe, all’urbanità marginale, e a una visione poetica non convenzionale. Da lì in poi, film come Il Vangelo secondo Matteo (1964) elevarono il suo sguardo a una dimensione più ampia, in cui religione, mito e politica si intrecciavano.

Culturalmente, Pasolini fu sempre un uomo provocatorio: marxista non ortodosso, omosessuale dichiarato in un’epoca in cui ciò era ancora tabù, critico feroce della società dei consumi, dell’omologazione culturale e della borghesia. Le sue poesie, i saggi, i film — anche quelli più controversi e difficili — volevano mettere in luce una verità che dava fastidio: la marginalità, il silenzio dei senza voce, la complicità del “sistema”.

La sua morte, l’8 settembre del 1943 in Friuli ad opera di partigiani, del fratello Guido segnò profondamente il suo animo: la perdita famigliare e l’esperienza della guerra contribuirono a formare il suo sguardo sull’Italia del dopoguerra e sulle sue contraddizioni. Alla fine, Pasolini pagò con la sua vita un prezzo altissimo: fu assassinato l’2 novembre 1975 a Ostia, nei pressi di Roma, in circostanze che restano ancora largamente oscure.

Scritto da: Daniele Biacchessi


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