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Puglia e Campania vanno al centrosinistra, il Veneto resta al centrodestra. Astensione alta

today25 Novembre 2025

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Scritto da Daniele Biacchessi

Centrodestra e centrosinistra si dividono l’Italia: 3 a 3 tra le coalizioni, ma l’astensione resta la vera vincitrice.

Le elezioni in Puglia e in Campania vanno al centrosinistra, il Veneto rimane al centrodestra. E lo scontro generale delle regionali finisce in parità, 3 a 3:Marche, Calabria, Veneto alla maggioranza di Governo, Campania, Puglia e Toscana alle opposizioni. Per tutti questi importanti test l’affluenza è stata sempre bassa.

La radicalizzazione dello scontro politico (riarmo, le manifestazioni per Gaza, lo sciopero della Cgil, le frizioni tra l’esecutivo e il Quirinale, il ruolo del Garante della privacy), e i temi del dibattito nazionale, hanno prevalso ovunque sulle questioni specifiche locali, pur di grande peso come sanità, scuole, trasporti pubblici, appannaggio dell’amministrazione regionale. Questa tendenza ha nei fatti allontanato fette consistenti di popolazione che si dovevano confrontare con candidati imposti dalle segreterie dei partiti nazionali e cadute dall’alto.

I tre candidati vincenti

In Puglia, l’ex sindaco di Bari , presidente dell’Anci ed eurodeputato, Antonio Decaro ha portato a casa una vittoria netta, riunendo sotto il suo nome il campo largo. Il centrodestra ha schierato l’imprenditore Luigi Lobuono, già presidente della Fiera del Levante e avversario di Michele Emiliano nella corsa a sindaco di Bari del 2004, ma non c’è stata alcuna partita.

In Campania si è imposto l’ex presidente della Camera ed esponente di spicco del M5s Roberto Fico, contro Edmondo Cirielli che ha rimontato rispetto alle previsioni della vigilia, ma le distanze tra i due candidati rimangono incolmabili. In Veneto, è stato eletto Alberto Stefani, pupillo del leader della Lega Matteo Salvini. Tutti e tre raccolgono l’eredità di Michele Emiliano, Vincenzo De Luca e Luca Zaia, e si avviano ora a tracciare nuove linee di indirizzo amministrativo, nel solco della tradizione e della leadership precedente. Il risultato finale dimostra che l’Italia resta un paese spaccato in due sul piano politico.

Centrodestra e centrosinistra si dividono l’Italia

Il dato che balza più agli occhi è quello dell’affluenza: in Puglia, Campania e Veneto il voto ha coinvolto meno di un terzo degli aventi diritto nella prima giornata, segnalando una partecipazione molto più contenuta rispetto alle tornate precedenti. Una flessione che è un segnale importante: molti cittadini sembrano percepire uno scollamento tra le loro esigenze quotidiane e le dinamiche della competizione elettorale.

Le Regioni in gioco, infatti, hanno competenze molto concrete e tangibili: dalla sanità ai trasporti, dai servizi sociali all’istruzione, sono proprio le giunte regionali ad influire sensibilmente sulla vita di tutti i giorni. Le decisioni prese a Bari, Napoli o Venezia non restano limitate a slogan, ma hanno ricadute pratiche su strutture ospedaliere, scuole, infrastrutture locali, bilanci regionali. Questo rende il voto una leva decisiva per orientare lo sviluppo territoriale, più ancora di molti dibattiti nazionali, perché ha il potere di incidere direttamente sul benessere collettivo.

Tuttavia, il calo della partecipazione suggerisce che una parte consistente della popolazione non ha visto queste elezioni come un’occasione per influire su tali temi concreti. È possibile che la sovrapposizione con il dibattito nazionale sulle grandi questioni geopolitiche, sociali ed economiche abbia reso più difficile per molti elettori concentrarsi sul livello locale: la dimensione nazionale dei problemi rischia di oscurare questioni regionali come il trasporto pubblico, l’edilizia sanitaria, lo sviluppo economico locale.

Allo stesso tempo, la competizione è spesso guidata da figure scelte in base a equilibri nazionali, piuttosto che su candidature profondamente radicate nelle comunità locali. Questo può aver contribuito ad aumentare la sensazione, in alcuni segmenti di elettorato, di un’offerta politica distante dalle reali priorità territoriali.

Eppure, le nuove giunte che emergono dopo il voto avranno responsabilità concrete e potenzialità reali. I governatori eletti avranno il compito di rendere operativi progetti su infrastrutture, sanità e servizi sociali, gestendo risorse e affrontando sfide specifiche di ciascuna regione. Le promesse fatte durante la campagna elettorale peseranno in modo concreto: la qualità della vita nelle province, la capacità di attrarre investimenti economici, la messa in sicurezza delle reti viarie, così come la gestione dei presidi sanitari, saranno alcuni degli ambiti su cui i nuovi governi regionali dovranno dimostrare efficacia.

In questo senso, il basso consenso elettorale non elimina l’importanza delle istituzioni regionali al contrario, mette in evidenza quanto sarebbe strategico coinvolgere di più i cittadini nelle scelte locali. Un impegno maggiore nell’informazione e nella partecipazione potrebbe andare a beneficio non solo della democrazia formale, ma anche della qualità della governance: più cittadini informati e partecipi significano decisioni più legittime e condivise. Infine, anche se il clima politico nazionale ha dominato la scena, le giunte che usciranno da queste urne avranno di fronte a sé sfide quotidiane concrete, che richiedono risposte pragmatiche e orientate al benessere collettivo, non solo ai giochi di potere.

Scritto da: Daniele Biacchessi


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