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L’attacco all’informazione e i ritorno delle veline

today26 Gennaio 2024 398

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A cura di Daniele Biacchessi

Il rapporto tra informazione e potere non è mai stato idilliaco. E ciò è avvenuto con ogni Governo, di ogni colore. Al potere non piace mai essere deriso, schernito, messo a nudo davanti all’opinione pubblica. La verità sarebbe il sale della democrazia, ma in Italia non funziona così. Con la legge bavaglio che vieta di diffondere le notizie di base contenute in un’ordinanza cautelare, soprattutto con gli attacchi di palazzo Chigi attraverso il sistema delle veline contro i colleghi di Repubblica, contro Corrado Formigli di Piazza Pulita, e più in generale contro chiunque nel campo dell’informazione eserciti il diritto di critica e di dissenso, si sono raggiunti livelli dal vago sapore nostalgico. Negli anni Trenta, il Minculpop, il ministero della cultura popolare fascista, guidato da Dino Alfieri, imponeva ai direttori delle testate le linee guida editoriali. Nelle veline, ad esempio, si consigliava di prestare ampia attenzione alla cronaca nera nei momenti politicamente più delicati, in modo da distrarre l’opinione pubblica dai problemi del governo. Così puntualmente i giornali pubblicavano storie di assassini, terroristi, pedofili, la cui caccia è nelle mani di uno Stato sicuro e ordinato, dove la polizia assicura alla giustizia i presunti autori dei reati. Ogni suggerimento era un ordine. Oggi le veline dell’ufficio informazioni di Palazzo Chigi si chiamano “spunti” e si trovano leggendo con attenzione il “Mattinale ore 11” di Fazzolari, dove ogni “spunto” corrisponde ad un attacco contro una testata, in questo caso Repubblica. Il meccanismo mette in campo le testate amiche, e trasforma i giornalisti da liberi narratori di un Paese in militanti di uno schieramento o peggio ancora di partito. Dice oggi Alessandra Costante, segretaria della Fnsi. “La cosa più sacra dei giornalisti è la reputazione ed è monetizzabile, nel senso che i lettori se si fidano ti comprano. Una campagna di delegittimazione ad opera della premier colpisce direttamente i giornalisti e non l’editore“. Le si può dare solo ragione.

Credits: Agenzia Fotogramma
26 Gennaio 2024

Scritto da: Giornale Radio

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