Economia

Dazi, Pasini: “Miliardi di export a rischio in Lombardia, ma no alla logica della ritorsione”

today22 Luglio 2025

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(Adnkronos)

Miliardi di euro di export a rischio in Lombardia. Meccanica strumentale, moda, design, farmaceutica e, naturalmente, metallurgia e prodotti in metallo. Lo scenario se i dazi di Trump al 30% andassero a segno, impone all’Ue di mantenere un fronte unito. Anche perché questa volta non è escluso che il presidente Usa possa fare sul serio. Giuseppe Pasini, patron di Feralpi e presidente di Confindustria Lombardia, in un’intervista all’Adnkronos invita però a scongiurare l’ipotesi di guerre commerciali: “Danneggiano tutte le parti coinvolte, creando incertezza, ostacolando gli investimenti e, in ultima analisi, penalizzando consumatori e imprese”.

Dazi al 30%: strumento di trattativa o Trump fa sul serio?

“Storicamente, Trump ha utilizzato i dazi come un potente strumento negoziale per ottenere concessioni e rinegoziare accordi commerciali. Non è la prima volta che assistiamo a scenari simili, scenari che potrebbero cambiare di ora in ora. Tuttavia, è anche vero che le sue posizioni possono essere molto decise e quindi è fondamentale prenderle sul serio. Non possiamo permetterci di sottovalutare la possibilità che questa volta l’intento sia realmente quello di imporre barriere significative per proteggere l’industria interna americana. La linea tra tattica negoziale e azione concreta è spesso molto sottile e dipende da una serie di fattori, inclusa la reazione dei partner commerciali. Teniamo presente che, a questo ipotetico 30%, va poi aggiunto l’effetto della svalutazione euro-dollaro: secondo le stime di Confindustria questo ulteriore dazio potrebbe arrivare rapidamente anche al 20%”.

Con dazi al 30% quali settori della Lombardia quanto si rischia di perdere in termini di export?

“La Lombardia, essendo il cuore pulsante dell’industria manifatturiera italiana e col suo 25% del Pil nazionale è una delle regioni più esportatrici d’Europa. Sarebbe colpita duramente da dazi del genere. Il valore del commercio bilaterale tra Lombardia e Stati Uniti per il 2024 è stato di quasi 19 miliardi di euro. L’export lombardo verso il Paese nordamericano è stato di 13,72 miliardi di euro, mentre l’import si è attestato a 5,25 miliardi di euro. Il saldo positivo della bilancia commerciale è positivo, ma ci sono settori che sarebbero colpiti più di altri dai dazi, oltre che dalla svalutazione massiccia del dollaro che tocca tutti indistintamente. Anche la siderurgia ne sarebbe colpita, ma lo è da tempo. Per l’acciaio il vero grande rischio è che l’eccesso di capacità produttiva cinese si può riversarsi con forza in Europa non trovando più sbocchi negli Usa. Le avvisaglie ci sono tutte e l’Europa non può restare immobile”.

Quali settori sono a rischio?

“Pensiamo ai nostri settori di punta. L’export lombardo verso gli Usa è diversificato ma vede una forte componente in meccanica strumentale, moda, design, farmaceutica e, naturalmente, metallurgia e prodotti in metallo. Un aumento così drastico dei costi di importazione renderebbe i nostri prodotti meno competitivi, portando a una contrazione significativa delle esportazioni. Potremmo parlare di miliardi di euro di export a rischio, con impatti a cascata su tutta la filiera produttiva. Più precisamente, ad essere colpiti maggiormente potrebbero essere i prodotti di fascia “media”, mentre i consumatori statunitensi che già acquistano prodotti di alta gamma e qualità potrebbero sostenere con più facilità i maggiori costi”.

Esistono degli sbocchi di mercato alternativi su cui le imprese stanno lavorando?

“Assolutamente sì. Le imprese, specialmente quelle più strutturate e con una visione internazionale, non stanno con le mani in mano. Come emerso dalla Indagine Internazionalizzazione 2025 di Confindustria Lombardia, oltre il 65% delle imprese lombarde internazionalizzate sta ridefinendo le proprie strategie in particolare valutando più attentamente le controparti, rivedendo i budget e reindirizzando le esportazioni verso mercati più sicuri. La diversificazione dei mercati è una strategia fondamentale per mitigare i rischi. Molte aziende lombarde stanno già rafforzando la loro presenza nei mercati asiatici come India, Cina, Sud-Est asiatico (Vietnam, Indonesia), ma anche Arabia Saudita e Australia che offrono opportunità di crescita significative. E ancora, ci sono i Paesi del Medio Oriente e i Paesi Sudamericani. Vorrei però ricordare che l’Europa, con 450 milioni di abitanti è uno dei più grandi mercati al mondo. Spesso, invece, si sottovaluta la capacità del mercato interno dell’Ue. In un contesto di incertezza globale, rafforzare le catene di valore europee può essere una mossa saggia. Servono, però, strategie e politiche mirate a livello europeo”.

Molti dicono che bisogna rispondere secondo la logica della ritorsione: serve fare come la Cina oppure ancora puntare sul dialogo?

“La logica della ritorsione, sebbene intuitiva e comprensibile a livello emotivo, nel lungo periodo spesso non porta a risultati positivi per nessuno. Innescare una guerra commerciale con dazi e controdazi danneggia tutte le parti coinvolte, creando incertezza, ostacolando gli investimenti e, in ultima analisi, penalizzando consumatori e imprese. L’Europa, con la sua vocazione al libero scambio e alla cooperazione internazionale, dovrebbe a mio avviso continuare a puntare sul dialogo diplomatico e sulla negoziazione multilaterale ma deve farlo con fermezza perché è vero anche che gli Usa non possono fare a meno del mercato Ue”.

Cosa dovrebbe fare l’Unione Europea?

“Mantenere un fronte unito, la forza dell’Ue risiede nella sua capacità di essere unita. È fondamentale che gli Stati membri parlino con una sola voce e presentino una posizione coesa nei confronti degli Stati Uniti. Divisioni interne renderebbero l’Europa più vulnerabile e purtroppo è quello che oggi vediamo…Se il dialogo non dovesse portare a risultati, l’Ue dovrebbe essere pronta a rispondere, ma con contromisure mirate e proporzionate, che abbiano un impatto limitato sui consumatori europei e sulle imprese alleate, ma che siano efficaci nel segnalare la determinazione europea. Al tempo stesso deve accelerare la diversificazione degli accordi commerciali stringendo e rafforzando accordi commerciali con altri paesi e blocchi economici. Non da ultimo, deve necessariamente mettere a terra una vera politica industriale, investendo in ricerca e sviluppo, per evitare la desertificazione economica generata da delocalizzazioni o chiusure di filiere produttive che si perderebbero per sempre. Energia e burocrazia continuano a essere due pesanti spade di Damocle sulle nostre teste”.

Senta, passando invece alla questione calcio, perché avete deciso di prendere il Brescia?

“Tecnicamente non abbiamo “preso” il Brescia. La Feralpisalò ha scelto di cambiare denominazione, colori sociali, sede legale e stadio, cedendo di fatto il titolo sportivo per riportare il calcio professionistico in città. L’ho fatto per senso di responsabilità verso le istituzioni che mi hanno coinvolto in questa idea, per restituire valore a un territorio che amo e per ridare dignità a 114 anni di storia: un patrimonio che appartiene a tutta la provincia e che non poteva essere abbandonato in questo modo.E poi perché a Salò, per molti motivi – tra cui le strutture limitanti – non c’erano molte prospettive di crescita. Io sono ambizioso: voglio fare calcio in un certo modo, con una visione più ampia”.

La Serie A in quanti anni?

“”Al momento non sarebbe corretto illudere i tifosi. Con loro sono stato molto chiaro: il nostro progetto si concentra, innanzitutto, sul riportare il Brescia in Serie B entro tre anni.

La Serie B è la categoria minima che spetta a questa piazza, una squadra che detiene il record di 66 partecipazioni in cadetteria. È lì che dobbiamo tornare. Poi, insieme a chi mi accompagnerà in questo percorso, valuteremo nuovi obiettivi e strategie per proseguire verso nuove mete”.

A quale modello vi ispirate?

“Vorrei fare una precisazione: non è il Brescia di Pasini, ma il Brescia dei bresciani. Per questo ringrazio tutti gli imprenditori che hanno deciso di affiancarmi in questa sfida. Il modello è quello di un’azienda moderna: pianificazione finanziaria rigorosa, ruoli e funzioni ben definiti in ogni reparto, programmazione chiara. Nel calcio non vince chi spende di più, ma chi è meglio organizzato. Ed è proprio questa la nostra priorità: costruire basi solide e durature.

Come pensate di riavvicinare i tifosi?

“Con entusiasmo, serietà e chiarezza. Senza proclami, ma con i fatti. Vogliamo far capire che questo progetto non nasce per speculare, ma per rinvigorire la storia di una piazza che merita altri palcoscenici.Lo faremo come ho sempre fatto anche con la Feralpisalò: investendo nel settore giovanile, promuovendo la responsabilità sociale, rimanendo vicini ai tifosi e rispettando la loro passione.Inoltre, lavoreremo per creare una rete tra aziende e realtà locali, dando vita a un vero e proprio “sistema Brescia”. Questo è stato possibile grazie alla collaborazione tra istituzioni, politica e privati per il bene dello sport. Ed è solo l’inizio”. (di Andrea Persili)

Scritto da: Giornale Radio

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