Economia

Messori: Francia? “Instabilità è globale ma no rischi crisi come in 2009-2012”

today4 Settembre 2025

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(Adnkronos)

Le tensioni politiche infiammano i rendimenti francesi e riverberano nelle principali economie europee, intrecciandosi alle incertezze che incrinano la stabilità globale. Questo trend “ha colpito principalmente Francia e Gran Bretagna, ma coinvolge anche gli Usa e molte economie europee, e la sua principale spiegazione risiede nelle aspettative negative sulla capacità di gestione del debito pubblico di lungo periodo”, spiega infatti all’Adnkronos Marcello Messori, docente all’Istituto universitario europeo di Firenze, secondo cui però il rischio di una recrudescenza di una crisi dei debiti sovrani simile a quella del 2011, per ora, non c’è. Ma l’orizzonte non è comunque rassicurante.

Alla radice del problema, vi è sicuramente “la forte instabilità della Francia”. Ma la situazione francese è inserita in un contesto, appunto, globale. “Anche il Cancelliere dello Scacchiere in Gran Bretagna sembra avere difficoltà nella gestione del bilancio” e dunque quello che gli investitori percepiscono, da più parti, è un “forte instabilità” per l’Europa si declina in una “difficoltà di crescita”, riassume Messori. E pure oltreoceano il quadro resta incerto. “Negli Usa i tassi a lungo termine sono già molto elevati e il ‘Beautiful Bill’ di Trump implica tagli fiscali solo in piccola parte compensati dagli incassi generati dai dazi che peseranno quindi sulla spesa sociale americana. È altamente probabile che questo crei ulteriore instabilità che rende difficilmente prevedibile un aggiustamento serio del bilancio pubblico”.

Gli spettri delle crisi passate

Gli spettri delle passate crisi finanziarie per ora però restano solo spettri. Attualmente “ci sono regole fiscali, meno ‘punitive’ in senso distorsivo rispetto al passato, ma che comunque pongono dei vincoli. Se gli Stati membri e la Commissione le applicano, non vedo possibilità serie di crisi paragonabili a quelle del 2009 e del 2012”, sottolinea l’economista, invitando tuttavia a mantenere alta la guardia. “C’è il rischio che l’applicazione” di queste regole “in una situazione di emergenza da parte della maggior parte dei paesi, in un quadro di stagnazione, sia molto punitivo rispetto alla crescita. E un’area che non cresce, accumulando debiti pubblici alti, è in difficoltà anche se la crisi non esplode come in passato grazie a regole migliorate”. La soluzione, per Messori, sarebbe “spostare la capacità fiscale a livello europeo, cosa che consentirebbe ai singoli stati di essere più rigorosi nel controllo del bilancio pubblico senza generare effetti recessivi perché ci sarebbe una capacità fiscale maggiore da spendere a livello europeo”. E questo “potrebbe essere un fattore di stimolo della crescita di tutta l’area Ue, che continua ad accumulare ritardo, sul fronte dell’innovazione, rispetto a Usa e Cina”.

La situazione in Italia

In questo scenario, la situazione italiana appare peculiare. I tassi di interesse nazionali, infatti, non sembrano aver seguito il trend di aumento. Perché? “La risposta essenziale è che la gestione del nostro debito pubblico è più stabile”, dice il professore. Ci sono tre fattori che concorrono a questa stabilità. Il primo: “Noi abbiamo avuto una crescita più rapida di altri paesi dopo la crisi del 2012 perché la caduta del nostro Pil è stata più profonda. Questa crescita, che si è realizzata prima del governo Meloni, ha stabilizzato il debito”. Poi, c’è da considerare “il tasso di inflazione in Europa: una forte inflazione erode il debito per chi ce lo ha alto”. Terzo: “In Italia le entrate fiscali sono positive. Da un lato c’è una spesa sociale sotto controllo, seppur con qualche effetto distorsivo, come nel settore della sanità. Inoltre, le entrate aumentano”. Questo dato in particolare, ammette l’economista, “mi sorprende”.

Le politiche fiscali del governo, infatti, vanno in senso opposto: “La riduzione della pressione fiscale sugli autonomi diminuita in modo ingiustificato, gli interventi che anche se non sono stati definiti condoni di fatto lo sono, il taglio, corretto ma insufficiente, del cuneo fiscale per chi ha un reddito medio basso. Se sommiamo queste cose ci si aspetta che le entrate diminuiscano e invece sono fortemente aumentate”. Un po’ è “l’effetto inflazione, il fiscal drag, e poi, ma è un’ipotesi – precisa Messori – potrebbe essere l’effetto sul breve periodo dei condoni, perché incentivano la disobbedienza fiscale ma nel breve periodo aumentano un po’ le entrate. Se così fosse la crescita non sarebbe strutturale. Ma per ora gli investitori sembrano privilegiare la stabilità e il governo Meloni è il più stabile in Ue. Questo – conclude – conta molto in una situazione di così forte incertezza”.

Scritto da: Giornale Radio

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