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Se la giornata di lunedì può essere archiviata come il ‘blu monday’ di Donald Trump, per le perdite accumulate sia a Wall Street sia in tutte le piazze europee, quella di martedì conferma un trend che può diventare preoccupante non solo per il presidente degli Stati Uniti ma per l’economia globale. Quando parla assecondando il suo istintivo approccio ai principali dossier aperti, mettendo in fila minacce e prospettando scenari muscolari, la sentenza dei mercati è sempre la stessa: vanno giù i listini trainati dai titoli di volta in volta più esposti alla propaganda trumpiana.
Oggi è il caso dell’ulteriore rilancio sui dazi al Canada, 50% su tutto l’acciaio e l’alluminio dal 12 marzo, e di una ulteriore ritorsione annunciata, altri dazi sulle auto che entrano negli Usa dal 2 aprile. L’approccio muscolare verso il Canada culmina nella madre di tutte le battaglie, l’annessione: “l’unica cosa che ha senso è diventare il nostro caro 51mo stato, questo farebbe sparire i dazi e tutto il resto”.
Questa notizia, l’ennesima che va nello stesso senso, ha ripercussioni immediate. In una giornata che è andata avanti tra alti e bassi, dopo il crollo di lunedì, l’annuncio di Trump che arriva in chiusura affossa le Borse europee: Milano chiude in netto calo, con il Ftse Mib che cede l’1,38% a 37.698,31 punti ma fanno male anche Francoforte, che segna -1,32%; Parigi -1,31%; Amsterdam -1,42%; Londra -1,23% e Madrid -1,51%. Stessa reazione per il mercato finanziario americano, ovviamente in apertura: dopo le parole di Trump tutti gli indici a Wall Street girano in negativo, con il Dow Jones che perde l’1,25%, il Nasdaq che cede lo 0,83%, mentre lo S&P 500 lascia sul terreno l’1,02%.
Tutto questo è plasticamente incompatibile con il regolare andamento delle contrattazioni sui mercati finanziari. Sono parole a cui Trump sta facendo seguire ordini esecutivi e sono quindi parole capaci di orientare le scelte di investimento, e ovviamente anche quelle di disinvestimento, che spostano i valori di Borsa anche in maniera repentina. Il risultato è evidente, vengono ‘bruciati’ miliardi di dollari e di euro. Quanto potrà durare? Fino a che punto le perdite potranno essere considerate solo un danno collaterale? (Di Fabio Insenga)
Scritto da: Giornale Radio
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