Il Corsivo

Verso la campagna elettorale delle regionali

today26 Agosto 2025

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Regionali, l’autunno delle urne: sei regioni al voto tra sfide interne ai partiti e test nazionale per governo e opposizioni.

Di certo sarà un autunno caldo sul piano politico, perché sullo sfondo delle tante polemiche estive, l’ultima tra Antonio Tajani e Matteo Salvini sul ruolo italiano in Ucraina, ci sono gli scontri elettorali relativi al rinnovo di sei consigli regionali italiani (Campania, Veneto, Toscana, Puglia, Marche e Valle d’Aosta).

Si tratta di un test importante che coinvolge oltre 17 milioni di italiani chiamati alle urne per scegliere il nuovo Presidente di Regione e i rispettivi Consigli.

Quando si voterà

Marche e Valle d’Aosta voteranno 28 e 29 settembre, la Calabria il 5 e 6 ottobre, mentre la Toscana dovrebbe votare domenica 12 e lunedì 13 ottobre. Le restanti tre regioni (Campania, Veneto e Puglia), andranno quasi certamente al voto a novembre, entro la scadenza legale del 23 novembre.

Chi è pronto, chi attende ancora il candidato

Nelle Marche, il centrodestra chiede ai suoi leader di metterci la faccia, come si vede nel manifesto di Francesco Acquaroli a cui Giorgia Meloni fa da traino. Matteo Ricci, il candidato presidente della Regione Marche per il centrosinistra, è sostenuto da un campo larghissimo, dal Pd al 5Stelle, Rifondazione, Azione tranne alcuni scissionisti, Avs, e Moderati. In Calabria, emergono tre figure: Roberto Occhiuto, presidente uscente di centrodestra, Pasquale Tridico, del centrosinistra, e Francesco Toscano, sostenuto da Marco Rizzo.

In Toscana, Eugenio Giani, sostenuto da Pd e Mts, non conosce il suo avversario: il centrodestra non ha ancora ufficializzato Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia. In Puglia, se Antonio Decaro non dovesse correre per il centrosinistra, sono pronti la presidente del Consiglio regionale Loredana Capone, il vice di Michele Emiliano e assessore alla Sanità, Raffaele Piemontese e l’ex assessore Alessandro Delli Noci.

Per il centrodestra si pensa all”avvocato penalista e viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto. In Veneto resta l’incognita Luca Zaia e in Campania la candidatura di Roberto Fico è quella data per sicura. Comunque vada, è una sorta di Midterm che fotografa lo stato di salute della coalizione di centrodestra e del Governo a guida Giorgia Meloni, ma anche la consistenza dell’opposizione.

Limite dei mandati regionali

Un elemento meno noto ma di grande rilievo nel dibattito che precede le elezioni regionali dell’autunno 2025 riguarda una questione istituzionale ancora tutta da risolvere: l’introduzione di una norma che consentirebbe ai presidenti di regione di ottenere un terzo mandato consecutivo.

Questa proposta, approvata dal consiglio regionale della Campania, ha subito acceso un acceso dibattito politico, con la maggioranza di governo che si è trovata spaccata sulla questione. Il provvedimento — oltre a essere percepito come una “leggina ad personam” — solleva importanti interrogativi sul valore simbolico e pratico dei limiti temporali al potere locale: si tratta di una scelta che, se ratificata, potrebbe alterare profondamente l’equilibrio tra autonomie regionali e governo centrale.

Non è un caso che lo stesso governo nazionale, attraverso il portavoce Maurizio Gasparri, abbia già manifestato la volontà di opporsi formalmente, ipotizzando il ricorso alla Corte Costituzionale.

Sfumature tecniche e istituzionali

Questa vicenda offre uno spunto di riflessione su quanto i palinsesti elettorali spesso siano attraversati da sfumature tecniche e istituzionali che normalmente restano nell’ombra, ma che invece possono segnare la durata e la qualità delle leadership regionali.

In particolare, se la norma venisse confermata, risulterebbe particolarmente impattante per presidenti come Luca Zaia in Veneto o figure emergenti in Campania, la cui possibilità di una rielezione (o meno) potrebbe ridefinire gli spazi politici dei prossimi anni.

In quest’ottica, le elezioni regionali 2025 assumono un valore duplice: da un lato sono un test elettorale sul consenso delle coalizioni e la tenuta del governo Meloni; dall’altro diventano un banco di prova per valutare fino a che punto l’Italia intende spingere l’autonomia delle regioni, soprattutto laddove questa rischia d’isolare i meccanismi democratici di ricambio politico.

Scritto da: DANIELE BIACCHESSI


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