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La costruzione del Ponte sullo Stretto si allontana: 780 milioni di finanziamenti spostati al 2033

today17 Dicembre 2025

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Scritto da Daniele Biacchessi

Ponte sullo Stretto: un emendamento alla manovra 2026 rinvia le risorse destinate all’opera a causa dei ritardi amministrativi e dei rilievi della Corte dei Conti.

Il riequilibrio dei capitoli della manovra economica 2026 sacrifica 780 milioni di euro previsti il prossimo anno per il Ponte sullo Stretto e li sposta più avanti, forse al 2033, pur mantenendo le risorse complessive a 13,5 miliardi. Nella sostanza, il Governo riscrive il piano di spese dell’opera attraverso un emendamento alla manovra che prende atto dei ritardi rispetto alla tabella di marcia iniziale, soprattutto dei due stop imposti dalla Corte dei Conti.

La misura

Il provvedimento interviene essenzialmente sul bilancio del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in particolare sulla missione 14 denominata “Infrastrutture pubbliche e logistica, programma 11 – Pianificazione strategica di settore e sistemi stradali e autostradali”. La variazione riguarda la tabella del 2033: +780 milioni. Dunque, la prima pietra per la costruzione dell’opera di collegamento tra la Calabria e la Sicilia annunciata dal ministro Matteo Salvini da diversi mesi, e ancora prima in campagna elettorale, non avverrà nel 2026, e per come le cose funzionano in Italia probabilmente mai.

Infatti, come scrive il Governo, è necessario procedere con lo spostamento delle risorse perché nel frattempo è subentrato un aggiornamento dell’iter amministrativo e i mancati impegni relativi alle somme previste inizialmente per il prossimo anno. Il riferimento è al rinvio del cronoprogramma che è scaturito in seguito alla bocciatura da parte della Corte dei conti della delibera con cui il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess) aveva dato il via libera ad agosto al progetto definitivo del Ponte.

Ponte sullo Stretto: aspetti strutturali

Oltre alle questioni di finanziamento e di cronoprogramma, il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina presenta una serie di aspetti strutturali, socio-economici e ambientali che ne complicano ulteriormente la realizzazione, tanto da alimentare un dibattito pubblico che va ben oltre la semplice disponibilità di risorse finanziarie. Questi aspetti riguardano infatti la sostenibilità tecnica dell’opera, la sua incidenza sul territorio e sui sistemi produttivi locali, nonché le implicazioni normative e di controllo istituzionale.

In primo luogo, dal punto di vista ingegneristico e geologico, il Ponte sullo Stretto è un’opera senza precedenti in Italia e tra le più ambiziose al mondo per le sue dimensioni: la campata centrale prevista è di circa 3,3 chilometri, che lo renderebbe il ponte sospeso con la più lunga campata unica al mondo, con una lunghezza complessiva di circa 3,660 metri. La struttura è pensata per resistere a significative sollecitazioni naturali, incluse forze sismiche e venti estremi tipici dell’area dello Stretto, che è una delle regioni italiane con maggiore attività tettonica.

Per questo motivo, la progettazione ha incorporato criteri avanzati di resistenza sismica e test aerodinamici sull’impalcato, oltre a studi specifici sulla geologia dei fondali marini e delle sponde coinvolte. Tuttavia, tali complessità tecniche richiedono verifiche rigorose e aggiornamenti continui dei modelli progettuali, poiché un errore di calcolo o una sottostima delle sollecitazioni naturali potrebbero compromettere la sicurezza dell’infrastruttura nel lungo periodo.

Dal punto di vista ambientale, il progetto ha sollevato criticità rilevanti. Le aree costiere dello Stretto di Messina comprendono habitat naturali di valore, inclusi siti Natura 2000, dove vivono specie di flora e fauna sensibili. Nel 2024, la commissione tecnica incaricata della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA/VAS) aveva espresso pareri negativi su alcune parti del progetto, sottolineando l’inadeguatezza di studi ambientali e la mancanza di misure di mitigazione pienamente convincenti.

Il Governo ha poi tentato di superare tali pareri ricorrendo a procedure eccezionali previste dalle direttive europee, come le “Imperative reasons of overriding public interest”, ma la Corte dei Conti ha ritenuto che tali deroghe non siano state adeguatamente motivate né supportate da istruttorie tecniche conformi ai criteri europei, generando così uno dei motivi formali del rifiuto della registrazione del progetto da parte dell’organo di controllo.

Sul fronte socio-economico, i sostenitori dell’opera evidenziano che un ponte stabile tra Sicilia e Calabria potrebbe favorire lo sviluppo economico delle regioni meridionali, integrate storicamente in misura inferiore rispetto al Nord Italia. Secondo stime preliminari, il progetto potrebbe generare un valore economico netto positivo, con indicatori come il Net Economic Present Value (NEPV) stimati in alcuni miliardi di euro se confrontati con i costi complessivi dell’investimento, e un Economic Internal Rate of Return (EIRR) ritenuto positivo in alcuni scenari economici. Tali indicatori sono utilizzati per valutare la redditività sociale di opere pubbliche e giustificare finanziamenti straordinari, sostenendo che l’opera non sarebbe solo un costo ma un volano di crescita.

Ciononostante, gruppi di economisti e analisti critici sottolineano che questi studi di impatto economico possono essere fortemente sensibili alle ipotesi di traffico e ai piani di sviluppo locale, e pertanto non sempre riflettere scenari realistici. Alcuni rapporti indipendenti riducono significativamente il benefit-cost ratio o mettono in dubbio la capacità dell’opera di attrarre traffico sufficiente per giustificare l’investimento pubblico, soprattutto se confrontata con alternative più economiche e flessibili, come l’ammodernamento dei servizi ferroviari e stradali esistenti in Sicilia e Calabria.

Parallelamente, numerose comunità locali, associazioni ambientaliste e comitati civici hanno espresso forti riserve. In molte città costiere si sono formati movimenti come “No Ponte Capo Peloro”, principalmente per timori relativi a espropri forzati di terreni e abitazioni, la possibile perdita di identità locale, e il timore che grandi opere di questo tipo possano favorire fenomeni di corruzione o infiltrazioni criminali nei processi di appalto e costruzione. Nel passato, alcuni critici hanno persino richiamato l’attenzione sul rischio di coinvolgimento delle organizzazioni mafiose nelle fasi di esecuzione e subappalto date le dimensioni ingenti degli investimenti.

Infine, l’iter normativo e istituzionale dell’opera è strettamente legato alla capacità di rispettare procedure complesse di controllo pubblico. La Corte dei Conti italiana, organo di controllo sul rispetto della legge nella gestione della cosa pubblica e delle spese statali, ha rifiutato di registrare gli atti del progetto per carenze di legittimità, in particolare riguardo agli aspetti ambientali, economici e procedurali, compresa la non piena conformità con le direttive europee in materia di ambiente. Questo rifiuto ha generato un profondo scontro istituzionale tra il Governo, che sostiene la necessità strategica dell’opera, e gli organi di controllo, che richiedono maggiore rigore tecnico e legale prima di procedere.

Scritto da: Daniele Biacchessi


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