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Dati Istat: crescono di poco gli occupati

today2 Settembre 2025

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A luglio occupati in lieve aumento, cala la disoccupazione ma cresce il numero degli inattivi: segnali contrastanti dal mercato del lavoro italiano.

C’è una minuscola ma importante crescita del mercato del lavoro in Italia. I dati Istat confermano che qualcosa si muove a luglio, dove il numero di occupati cresce di 13 mila unità rispetto a giugno, lo 0,1% in più. Il bilancio degli ultimi 12 mesi è positivo per 218 mila persone. L’aumento coinvolge uomini, i dipendenti permanenti e a termine, tutti concentrati tra i 15-24enni e i 35-49enni.

Al contrario, tra le donne, gli autonomi e nelle altre classi d’età, si registra un netto calo. La diminuzione delle persone in cerca di lavoro (-4,6%, pari a -74mila unità), riguarda uomini e donne di tutte le classi d’età. Il tasso di disoccupazione cala al 6,0% (-0,3 punti), quello giovanile al 18,7% (-1,4 punti).

La crescita degli inattivi

Le tendenze registrate da Istat rilevano la crescita degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,2%, pari a +30mila unità): è un fenomeno che interessa le donne, i 25-34enni e chi ha almeno 50 anni. Non tocca invece gli uomini dove tra i 15-24enni e i 35-49enni il numero di inattivi è invece in diminuzione. Il tasso sale quindi al 33,2% (+0,1 punti).

Le reazioni del Governo

Giorgia Meloni parla di numeri incoraggianti che confermano l’efficacia delle misure messe in campo. La presidente del Consiglio invita a proseguire con determinazione alla ricerca di più opportunità, più lavoro, più crescita per l’Italia. Ma i numeri forniti da Istat offrono un quadro non esaltante del mercato del lavoro.

Gli imprenditori chiedono da mesi un Piano industriale straordinario per l’Italia, quindi maggiori finanziamenti e incentivi per assumere più personale, e i sindacati reclamano retribuzioni coerenti con l’aumento del costo della vita, reale e percepita. Il Governo dovrà passare dalla fase degli annunci alla trasformazione delle promesse in fatti.

Il paradosso degli inattivi “scoraggiati” tra i 25–34 anni

Un tempo spazio emblematico di ingresso nel mercato del lavoro, oggi la fascia d’età 25-34 anni sembra trasformarsi in un territorio di ritiro dal mondo attivo. Secondo un’analisi di Linkiesta, a luglio si sono registrati 41.000 inattivi in più tra i 25 e i 34 anni — rispetto ai 32.000 del mese precedente — portando il totale dei due mesi a oltre 70.000 persone rientrate nella categoria degli inattivi. Gli “inattivi” sono coloro che non lavorano e non cercano lavoro. Pertanto, questo aumento non indica semplicemente una fase transitoria di ricerca, bensì potenzialmente una rinuncia definitiva al lavoro, soprattutto in contesti caratterizzati da contratti precari o malpagati.

I giovani i più penalizzati

Sempre secondo Linkiesta, buona parte di questa migrazione verso l’inattività tra i giovani può essere ricondotta alla fine o al mancato rinnovo di contratti a termine. Il mese di maggio aveva registrato un aumento di occupati in questa fascia, ma tra maggio e luglio si è assistito a una flessione significativa: quasi 46.000 contratti a termine in meno rispetto al trimestre precedente.

A luglio, poi, c’è un lieve recupero (+17.000 contratti a termine), ma non basta a compensare il crollo di giugno e maggio. In sostanza, molti giovani che avevano un contratto non lo hanno visto rinnovato e, non trovando alternative stabili o soddisfacenti, hanno scelto di uscire dalla ricerca attiva, passando nello stato di inattività.

Un gap generazionale che non è solo numerico

I dati evidenziano una polarizzazione importante tra le generazioni: tra gli under 35, l’occupazione scende dello 0,7%, un segnale di fragilità. Al contrario, tra gli over 50, si registra un aumento del 2,3%. Mettere in prospettiva questi numeri significa guardare a una generazione giovane che arretra, e una più anziana che, anche a fronte dell’allungamento dell’età pensionabile, resta o torna attiva. È una dinamica che fa riflettere non solo sui meccanismi del mercato del lavoro ma anche sulle aspirazioni personali, sulla fiducia nel futuro e sulle condizioni reali offerte sul terreno lavorativo.

Scritto da: DANIELE BIACCHESSI


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