Il Corsivo

Fallisce la trattativa sul piano di pace sul conflitto tra Russia e Ucraini

today4 Dicembre 2025

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Scritto da Daniele Biacchessi

Trump ammette lo stallo: senza compromessi sui territori, fallisce il piano di pace e salta il vertice con Zelensky, mentre cresce il rischio d’isolamento per Kiev.

Il metodo utilizzato dall’amministrazione americana per imporre una tregua a Gaza non ha funzionato nel conflitto tra Russia e Ucraina. Lo ha ammesso lo stesso Trump definendo la trattiva “un casino”. Certo, i due negoziati si sono svolti con attori diversi, su un piano geopolitico differente, ma lo spezzettamento dei tavoli diplomatici e la rigidità delle posizioni in campo non hanno permesso la risoluzione dei punti previsti dal possibile accordo.

Il nodo centrale restano i “territori”. La Russia chiede il riconoscimento delle regioni che ha unilateralmente annesso, comprese le parti che non ha ancora conquistato, a partire dal 20 per cento della regione di Donetsk ancora sotto il controllo delle forze ucraine. Per Kiev e i suoi alleati l’integrità territoriale è una linea rossa che non si può oltrepassare.

Salta il vertice tra Zelensky e gli inviati americani

Oltre al piano Trump in 28 punti originali, Witkoff e Kushner hanno consegnato a Mosca altri quattro documenti, tra cui il piano abbreviato in 19 punti aggiustato da statunitensi e ucraini a Ginevra. E qui si è arenata la trattativa. Non è stato ancora trovato un compromesso. Il lavoro continuerà a livello di delegati e assistenti. Un nuovo vertice Russia-Usa dipende dal successo di questo lavoro, ma la prima conseguenza è l’annullamento del vertice tra Zelensky e gli inviati americani, con la possibilità di un isolamento politico e militare del leader ucraino, i cui finanziamenti strategici dipendono ormai solamente dalla volontà dei paesi europei.

Piano di pace e crisi umanitaria

Dall’annessione unilaterale da parte di Federazione Russa delle regioni ucraine menzionate, la quasi totalità degli Stati del mondo, inclusi i membri della Unione Europea e la NATO, ha dichiarato di non riconoscere queste annessioni come legittime. Questa posizione di non-riconoscimento non è solo simbolica: rappresenta un fondamento legale e morale cruciale per configurare la guerra come un atto di aggressione e per legittimare le sanzioni e l’assistenza internazionale verso l’Ucraina.

Sul piano della diplomazia, la non-riconoscenza limita drasticamente la possibilità per la Russia di “legittimare” il suo controllo sui territori occupati: senza il riconoscimento formale da parte di potenze internazionali, qualsiasi trattativa che preveda un riconoscimento de jure delle annessioni, come pare tentato con il piano di pace avanzato dagli Stati Uniti, rischia di essere vista come una resa del principio di integrità territoriale. Questo non sorprende che rappresenti un punto di rottura netta per molti alleati dell’Ucraina.

Ma la non-riconoscenza ha anche conseguenze concrete sul campo: impedisce che le regioni annesse vengano trattate come “territori russi” in senso legale e amministrativo, il che significa che le istituzioni russe possono trovarsi in una specie di limbo: formalmente hanno proclamato l’annessione, ma de facto sono isolate da gran parte del sistema internazionale, con restrizioni economiche, sanzioni e rifiuto di cooperazione anche su aspetti umanitari e infrastrutturali.

Inoltre, sul piano del consenso globale e dell’etica geopolitica, la non-riconoscenza serve anche da deterrente: invia un segnale forte contro l’idea stessa che si possa modificare i confini di uno Stato con la forza. Il principio di inviolabilità dei confini, sancito da strumenti internazionali come la Nazioni Unite, resta un caposaldo: accettare le annessioni significherebbe abbandonare quell’impianto giuridico, aprendo la porta a rischi ancora più gravi in altre aree di crisi nel mondo.

Infine, per la popolazione nelle zone occupate, la non-riconoscenza internazionale ha un effetto psicologico e materiale: l’incertezza sull’effettivo status giuridico rende più difficile la ricostruzione civile, ostacola gli interventi internazionali umanitari, e complica qualsiasi prospettiva di “normalizzazione” sotto la tutela della Russia. Questo perpetua una condizione di conflitto, tensione e precarietà, rendendo sempre più improbabile una “pace” che passi dal semplice congelamento dello status quo.

Scritto da: Daniele Biacchessi


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