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today24 Settembre 2025
Il presidente americano Trump definisce l’Onu un’istituzione che finanzia l’invasione dell’Occidente, accusa Cina e India di sostenere la Russia e liquida i cambiamenti climatici come “la più grande truffa del mondo”.
L’Onu? Produce parole vuote e incoraggia l’invasione dell’Occidente con i migranti. La Russia? Vanno bene le sanzioni ma l’Ue smetta di comprare gas da Mosca. L’Europa? Immigrazione e idee energetiche suicide porteranno alla sua morte. I cambiamenti climatici? La più grande truffa del mondo. La pace? Ho fatto finire sette guerre.
Basterebbero solo queste frasi per condensare il pensiero di Donald Trump nel suo lunghissimo discorso, ben 57 minuti, all’Assemblea generale dell’Onu. L’accusa più grave è rivolta all’Onu. “Le Nazioni Unite finanziano un attacco contro i Paesi occidentali e i loro confini. L’Onu sostiene le persone che entrano illegalmente negli Stati Uniti”, sostiene Trump che definisce Cina e India i principali finanziatori della guerra russa in Ucraina, e il riconoscimento dello Stato di Palestina come una ricompensa per Hamas.
Se uno cerca una visione del mondo nel discorso di Trump rimane deluso. Quello del presidente americano è un mix confuso di sovranismo, affarismo, anti multilateralismo e negazionismo dei cambiamenti climatici che trova un fondamento solo in paesi come Ungheria, Olanda, Slovacchia, e nell’azione politica di alcuni leader di estrema destra come Marine Le Pen, Viktor Orban, Santiago Abascaal, Geerd Wilders, la Afd tedesca e i gruppi ultranazionalisti presenti nell’est europeo.
Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres in Assemblea Generale elogia i recenti sforzi diplomatici degli Stati Uniti e di altri, ma ora serve la tregua in Ucraina. “Dobbiamo lavorare per un cessate il fuoco completo e una pace giusta e duratura, in conformità con la Carta e le risoluzioni delle Nazioni Unite, e il diritto internazionale”, afferma Guterres che si dice contento del riconoscimento dello Stato di Palestrina.
Ma il punto più toccante del discorso di Guterres riguarda il timore di un mondo dominato da dittature. ” Il potere non risiede nelle mani di coloro che dominano o dividono, ma nella nostra determinazione a resistere, a perseverare e a rifiutarci di arrendersi. Io non mi arrenderò mai”, conclude Guterres tra gli applausi dell’Assemblea.
Mentre molti leader mondiali usano la lotta ai cambiamenti climatici per guadagnare consenso, costruire alleanze, attirare investimenti in tecnologie pulite e innovazione, Trump si muove nella direzione opposta: denuncia la green economy come truffa, attacca il multilateralismo ambientale, critica il “verde” come causa di declino per le economie occidentali, specialmente per l’Europa.
Ma questo non è solo negazionismo fine a sé stesso. È una strategia che punta a spostare gli equilibri del potere economico e tecnologico globale. Qualche spunto:
Competitività energetica e industriale
Se l’Europa, per Trump, rischia di “morire” se persiste con politiche energetiche che puntano alle rinnovabili, questa accusa è anche un avvertimento: accettare quelle politiche significa secondo lui perdere terreno rispetto a Paesi che investono in carbone, gas, petrolio, nucleare. Trump dipinge un mondo con due blocchi: da un lato chi abbraccia il “green”, ma che per lui paga con decrescita, costi alti, perdite occupazionali; dall’altro chi si affida alle fonti tradizionali, preserva autonomia energetica, mantiene un vantaggio competitivo.
Ridisegno degli alleati e dei blocchi geopolitici
Criticare la Cina per esportare pannelli solari, ma non utilizzarli tanto intensamente in patria: è un modo per insinuare che i Paesi “green” siano soggetti a ipocrisia, cedono il controllo delle catene produttive e tecnologiche a chi “inquina”, ma ne trae profitto. Trump cerca così di disinnescare il soft power del consenso ambientalista, smantellare il capitale politico che molti governi acquisiscono promuovendo la sostenibilità.
L’“egemonia energetica” rinnovata degli USA
Se si rinuncia al “green” o lo si considera un freno, allora l’apertura verso nuovi investimenti nei combustibili fossili, nelle infrastrutture tradizionali, diventa il centro di un progetto di rilancio dell’industria carbonifera e dell’estrazione. In questo modo, gli Stati Uniti, secondo Trump, possono riprendere un ruolo dominante nelle forniture, nella diplomazia energetica, nella definizione delle regole del commercio internazionale. È una riconfigurazione della leadership: non più attraverso la cooperazione climatica, ma attraverso l’egemonia dell’energia “tradizionale”.
Messaggio domestico che diventa dispositivo internazionale
Il negazionismo climatico serve anche come strumento interno: mobilita un elettorato che vede le politiche ambientali come imposte élitarie, costose, dannose per il lavoro; rafforza la narrativa “America First” che ha priorità del benessere economico nazionale rispetto agli obblighi globali. Da questo interno, Trump lancia messaggi esterni: “Europe, cambiate”; “Stop al petrolio russo” ma voi comprate ancora; “I verdi distruggono il vostro patrimonio culturale ed economico”.
Scritto da: Daniele Biacchessi
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