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Il ministro israeliano Smotrich scopre le carte: Gaza è una miniera d’oro immobiliare

today18 Settembre 2025

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Gaza trasformata in affare: tra accuse di genocidio, sanzioni europee e cinismo immobiliare del ministro israeliano Smotrich.

Ma quale risposta militare israelian all’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Forse all’inizio era così, ma da alcuni mesi, da quando si è insediato Donald Trump alla Casa Bianca tutto è cambiato. L’operazione di Israele a Gaza nasconde ben altre prospettive: economiche, finanziarie, immobiliari. Il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, membro dell’ultradestra che governa il paese scopre le carte: “alla fine della guerra la Striscia di Gaza sarà una miniera d’oro immobiliare.

Il luogo in cui sceglie di dare l’annuncio è, guarda a caso, la conferenza immobiliare Urban Renewal Summit a Tel Aviv. Tutto avviene mentre la Commissione europea annuncia le possibili sanzioni contro Israele (con il nome di Smotrich che compare tra quelli inclusi nel pacchetto), e la Commissione indipendente delle Nazioni Unite accusa Tel Aviv di genocidio. Smotrich sostiene anche che sono stati avviati veri e propri negoziati avviati con gli americani per come spartirsi la Striscia alla fine del conflitto.

Una demolizione insanguinata da oltre 65 mila vittime innocenti, molti bambini

Smotrich parla come fosse un qualsiasi immobiliarista, con lo stesso linguaggio di Trump, come se a Gaza non fosse accaduto lo sterminio pianificato di un’intera popolazione, l’allontanamento di centinaia di migliaia di persone in fuga dalla guerra, l’esilio nei paesi ospitanti. Smotrich sottolinea che “la demolizione, la prima fase del rinnovamento della città, l’abbiamo già fatta. Ora dobbiamo solo costruire”.

Il ministro delle Finanze tiene anche a precisare gli aspetti prettamente economici del progetto: nell’enclave palestinese c’è una tale “abbondanza immobiliare” da far sì che la ricostruzione “si paghi da sola“, insiste ancora Smotrich che dimostra un livello di cinismo a cui il mondo assiste impotente, nonostante le tante dichiarazioni contrarie.

Smotrich e la “migrazione volontaria”

Un elemento che emerge con forza dalle dichiarazioni di Bezalel Smotrich è il continuo riferimento – anche in contesti formali – all’idea che parte della popolazione palestinese possa “migrare volontariamente” dalla Striscia di Gaza. Questa espressione ricorre non come sfogo retorico, ma come parte integrata della sua visione strategica per il «dopo guerra».

Dicendo “volontaria”, però, si nascondono implicazioni complesse: le condizioni sul terreno — distruzione, carenza di servizi, sfollamento forzato — possono rendere questa “volontarietà” fortemente condizionata. Molti commentatori sottolineano che il termine rischia di diventare un eufemismo che maschera forme di politica di espulsione o pressione demografica.

Il controllo territoriale come fine e non solo come mezzo

Nelle sue esternazioni, Smotrich non parla solamente della mera ricostruzione – infrastrutture, case, servizi – ma del controllo del territorio come obiettivo politico in sé. L’idea di stabilire una presenza civile israeliana permanente nella Striscia, la ricostruzione di insediamenti, il ritorno a “Gush Katif” (dismessa nel 2005), sono indicativi di una volontà non solo di “ricostruire”, ma di ri-insediarsi e controllare.

Questo significa che il discorso non resta nel campo della sicurezza o della difesa, ma si sposta nel piano della sovranità e dell’assetto demografico-territoriale, con implicazioni profonde sul futuro della popolazione locale.

Il linguaggio dell’investimento applicato alla guerra

Un altro aspetto curioso è come Smotrich usi frequentemente il registro linguistico del businessman e dell’investitore per descrivere la Striscia: parla di “miniera d’oro immobiliare”, di “abbondanza immobiliare”, di progetti che “si pagano da soli”, di “percentuali” di distribuzione territoriale.

Far coincidere linguaggio economico e urbanistico con la realtà di guerra — morte, distruzione, sfollati, crisi umanitaria — crea un dissonanza significativa: l’orrore materiale diventa input nel “brochure dell’investimento”, come se la tragedia non fosse precedente al progetto, ma parte costitutiva. Questo rende più difficile far percepire al pubblico internazionale la distanza fra le promesse “di sviluppo” e i costi umani già sostenuti — e quelli che probabilmente si sosterranno.

Scritto da: DANIELE BIACCHESSI


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