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Interrogati gli indagati dell’inchiesta sull’urbanistica di Milano. Marinoni non parla, Tancredi si difende

today24 Luglio 2025

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In aula davanti al gip sfilano gli indagati del “Sistema Milano”: prende forma l’inchiesta sulle varianti urbanistiche e sui presunti favori alle imprese.

A uno a uno, sfilano davanti al gip Mattia Fiorentini alcuni degli indagati eccellenti dell’inchiesta sull’urbanistica di Milano. Il gip li interroga in forma preventiva, come vuole la riforma della giustizia del ministro Carlo Nordio. Arrivano con i loro zainetti scuri, scarpe da manager, in motorino, casco in testa, altri a piedi accompagnati dai loro avvocati.

Sono Giuseppe Marinoni, ex presidente della commissione per il Paesaggio del Comune, l’ex assessore Giancarlo Tancredi, il manager Federico Pella, i costruttori Manfredi Catella e Andrea Bezziccheri, l’architetto Alessandro Scandurra. Sono i personaggi coinvolti dalla procura di Milano nell’indagine sul cosiddetto “Sistema Milano”. Contro di loro i magistrati chiedono l’arresto.

La difesa degli indagati

Marinoni si avvale della facoltà di non rispondere e il suo legale deposita una lunga memoria difensiva, secondo cui dai pm arrivano solo giudizi morali. “La sproporzionata ampiezza dell’indagine, che è stata impostata come un processo alla speculazione edilizia nei confronti dell’intera città di Milano, non deve far dimenticare qual è la condotta oggetto delle imputazioni, ossia l’esercizio del la funzione di Presidente e componente della Commissione per il Paesaggio”, scrive il difensore di Marinoni.

Invece Tancredi rimane per oltre un’ora davanti al gip, e risponde alle domande. Sostiene di non aver mai voluto favorire intenzionalmente Marinoni, di non avere mai lavorato “per i propri interessi”, di non aver mai preso “utilità”. Tancredi non scaricato alcuna responsabilità sul sindaco Sala, di cui avrebbe invece difeso l’operato.

La posizione degli inquirenti

Per i pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini, Mauro Clerici e l’aggiunta Tiziana Siciliano, ci sarebbe stato un sistema “deviato” che si sarebbe basato su “varianti” ai piani regolatori, camuffate con l’interesse pubblico con richiami “all’edilizia residenziale sociale” per aumentare volumetrie e altezze a vantaggio delle imprese. Siamo solo alla fase iniziale dell’inchiesta e già si osservano le diverse scelte difensive e gli scenari che si svilupperanno nel processo che anticipa non pochi colpi di scena.

Il ruolo “consultivo” (eppure centrale) della Commissione Paesaggio

La Commissione Comunale per il Paesaggio di Milano, pur avendo un ruolo teoricamente solo consultivo, è indicata come snodo cruciale nell’inchiesta. I magistrati sostengono che il suo lavoro sia stato strumentalizzato per approvare varianti urbanistiche vantaggiose per certe imprese, usando l’interesse pubblico – come l’edilizia residenziale sociale – come pretesto.

In teoria, il suo ruolo è esprimere pareri obbligatori ma non vincolanti: tuttavia, secondo l’accusa, il peso politico e mediatico di figure come Marinoni e Scandurra li avrebbe resi decisivi nelle scelte, trasformando un organo tecnico in un potente filtro tra pubblico e privato.

Il concetto di ius variandi e le “varianti” urbanistiche

Le cosiddette “varianti” al piano regolatore – strumenti che permettono modifiche puntuali ai piani urbanistici – sono al centro dell’accusa. Secondo i magistrati, venivano usate in modo deviato per aumentare volumetrie e altezze nei progetti edilizi, presentandoli come interventi di interesse generale.

Il fenomeno ricorda il concetto giurisprudenziale di ius variandi: pur legittimo, deve essere usato con adeguata considerazione degli interessi contrapposti. In caso contrario, può provocare danni a chi ha legittime aspettative urbanistiche. Nel caso milanese, gli inquirenti sostengono vi sia stato un uso “cattivo” di questa leva, favorendo interessi privati.

Milano, eredità storica e modernità out-of-control

Milano ha una lunga storia di piani regolatori: dal Piano Beruto del 1889, passando per quello Pavia–Masera del 1909, fino ai progetti degli anni ’30 e ’50, tutti con l’obiettivo di bilanciare sviluppo urbanistico e tutela del patrimonio storico. Oggi la città vive una trasformazione vertiginosa: grattacieli, rigenerazioni e nuovi quartieri hanno ridefinito lo skyline. Ma questo boom ha suscitato critiche anche da voci autorevoli: alcuni denunciano un eccesso di “speculazione edilizia selvaggia”, a discapito della sostenibilità urbana e della vivibilità sociale.

Molti commentatori richiamano un déjà-vu rispetto al periodo di Tangentopoli. Le analogie emergono per struttura dell’inchiesta – con al centro politici, amministratori e imprenditori – e per l’effetto simbolico, che scuote Milano tanto quanto negli anni ’90 i casi Craxi e le “Milano da bere”. In più, si inserisce nel dibattito in corso sulla riforma del processo penale voluta da ministro Nordio, introducendo un “remake” dello scontro tra politica e magistratura nel cuore della città che ha fatto dell’innovazione urbana una sua cifra identitaria.

Scritto da: DANIELE BIACCHESSI


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