Il Corsivo

La strage del Bataclan dieci anni dopo

today12 Novembre 2025

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Scritto da Daniele Biacchessi

Dieci anni dopo l’attacco terroristico che sconvolse Parigi, la ferita del Bataclan continua a bruciare nella memoria della Francia e dell’Europa.

13 novembre 2015. Il Bataclan di Parigi è il luogo simbolo dei concerti rock. Quella sera suonano gli Eagles of Death Metal. Lo spettacolo è iniziato alle 20,45 e nella sala ci sono 1500 spettatori. Tutto avviene in soli otto minuti. Un commando assalta il Bataclan da più punti. Sparano ovunque contro inermi, nel fuggi fuggi generale i terroristi uccidono 90 persone ne feriscono centinaia. Oltre al Bataclan i terroristi colpiscono davanti al ristorante Events nei pressi dell’ingresso D dello Stade de France, venti minuti dopo l’inizio della partita amichevole fra le nazionali di calcio di Francia e Germania.

Poi si spostano nei pressi dei due ristoranti Le Carillon, su Rue Alibert e Le Petit Cambodge, su Rue Bichat: 13 morti e 10 feriti gravi. Alle 21,30 c’è la seconda esplosione davanti a un fast food Quick nei pressi dell’ingresso H dello Stade de France. Muore l’attentatore. Due minuti dopo avviene la seconda sparatoria nei pressi del Café Bonne Bière e della pizzeria Casa Nostra: 5 morti, 8 feriti. La terza sparatoria è delle 21,36 davanti al ristorante La Belle Équipe, nei pressi di rue de Charonne (21 morti e 9 feriti).

In Francia la ferita è ancora profonda

Accadeva in Francia nel 2015. La giustizia ha fatto il suo corso. Il 29 giugno 2022. la sentenza della Corte d’Assise speciale del maxi-processo per gli attentati del 13 novembre 2015 riconosce colpevoli quasi tutti gli imputati, 19 su 20, con l’ergastolo a Salah Abdeslam, l’unico sopravvissuto del commando di jihadisti che quella notte causò 130 morti e 350 feriti.

Solo qualche mese prima, nella stessa aula giudiziaria, Luciana Milani, la madre di Valeria Solesin uccisa dai terroristi al Bataclan, si rivolge indirettamente ai terroristi. “Cosa rappresentano per loro questi 130 morti, i morti che noi piangiamo e che per motivi a noi misteriosi sono diventati il loro bersaglio?”. Dieci anni dopo la ferita resta ancora profonda. La memoria di Valeria Solesin e di tutte le vittime di quella sera resta ancora viva.

Dietro la cronaca: Bataclan

Dietro la cronaca di quella sera — gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 — emerge un aspetto spesso poco visibile e raramente affrontato con la dovuta profondità: la fisiologia del trauma e la risposta medico-legale immediata. Gli eventi del Bataclan, in particolare, offrono una prospettiva clinica e umana insieme, che consente di comprendere meglio la portata dell’impatto fisico e psicologico.

Uno studio condotto dalla Unité Médico-Juridique de l’Hôtel-Dieu ha esaminato 121 vittime sopravvissute all’attacco, tracciando un quadro dettagliato delle lesioni riportate. Si contano oltre 100 ferite da arma da fuoco e circa 48 ferite non balistiche, tra cui contusioni, traumi superficiali, fratture e lesioni da caduta o da schiacciamento. Il numero medio di giorni di inabilità temporanea al lavoro (ITT) risulta pari a 27, ma in casi più gravi supera i 190 giorni, segno tangibile della durata del recupero fisico e psicologico richiesto. Questi dati, oltre alla loro dimensione clinica, raccontano la profondità di un trauma collettivo che si estende ben oltre il momento dell’attacco.

Parallelamente, le testimonianze dei sopravvissuti restituiscono il passaggio repentino — quasi istantaneo — da spettatori a vittime. In molti racconti emerge l’istante preciso in cui la musica si interrompe e l’assalto comincia, accompagnato da un senso di irrealtà, l’idea che ciò che accade “faccia parte dello spettacolo”. Il tempo si dilata, il suono delle armi si confonde con l’eco dei brani appena conclusi, e lo spazio del concerto si trasforma in una trappola.

Un elemento ricorrente nelle narrazioni è quello del “giocare al morto”: decine di testimoni raccontano di essersi lasciati cadere a terra, di aver trattenuto il respiro per minuti interminabili, fingendo di essere già stati colpiti pur di non attirare l’attenzione dei terroristi. Questo comportamento, dettato da un istinto di sopravvivenza primordiale, testimonia quanto il corpo possa reagire automaticamente di fronte al pericolo estremo, oscillando tra paura e immobilità.

La riapertura del Bataclan, avvenuta circa un anno dopo, assume così un significato che va oltre la semplice restituzione di uno spazio fisico. Il concerto inaugurale — segnato da un momento di silenzio guidato da Sting — diventa un rito collettivo di resilienza, un messaggio potente: “la musica sopravvive al terrore”. La sala, teatro di una delle notti più buie d’Europa, torna a essere luogo di incontro e condivisione, pur portando con sé una memoria che non può e non deve essere cancellata.

In questa prospettiva, i dati medici, le testimonianze psicologiche e i gesti simbolici compongono un mosaico complesso che arricchisce la narrazione puramente cronachistica dell’evento. Ci ricordano che l’impatto di quella sera non si misura solo nel numero delle vittime o nel conteggio delle ferite, ma anche nelle conseguenze a lungo termine, nella ricostruzione dell’identità individuale e collettiva, nella memoria che necessita di cura. È la quotidianità stessa — tornare a lavorare, ascoltare musica, attraversare uno spazio pubblico senza paura — che diventa atto di resistenza e di rinascita.

 

Scritto da: Daniele Biacchessi


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