Il Corsivo

Il monito dell’arcivescovo di Milano Delpini

today8 Dicembre 2025

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Scritto da Daniele Biacchessi

Un richiamo severo alla responsabilità civile e morale: Delpini denuncia una Milano piegata ai capitali disonesti e smarrita nel profitto, ma invita i cittadini a riscoprire la propria vocazione riformista per salvare la “casa comune”.

Dov’è finito il riformismo milanese? La grande tradizione dei Greppi, Aniasi, Tognoli, della pastorale del lavoro di Martini, esiste ancora? Nel discorso dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini nella basilica di Sant’Ambrogio si leggono parole dure ma vere, dove la caduta della città nel precipizio, in assenza di valori condivisi, sembra imminente.

“Nella capitale finanziaria si riconoscono i peccati capitali della finanza, intesa come l’astuzia di far soldi con i soldi. Il capitalismo malato è al servizio dell’individualismo e ignora la funzione sociale e la responsabilità morale”, sostiene Delpini durante la celebrazione dei primi Vespri in onore del santo patrono, intitolato: ‘Ma essa non cadde. La casa comune, responsabilità condivisa’.

Milano appetibile per chi ha denaro da riciclare

La città, secondo Delpini, diventa appetibile per chi ha molto denaro da investire. Nel mondo in guerra, nel mondo ingiusto, nel mondo del lusso incontrollato le risorse finanziarie nel sistema creditizio sono impegnate in modo scriteriato per rendere più drammatica l’iniquità che arricchisce i ricchi e deruba i poveri. La città diventa appetibile per chi ha molto denaro da riciclare.

Chi non è complice della rovina della casa comune, afferma l’arcivescovo, sono commercialisti, notai, avvocati che si assumono “la responsabilità di essere onesti e di non aprire la porta dello studio al denaro disonesto”. Per Delpini, sembra che Milano non voglia cittadini. Si usano le case per fare soldi, invece che per ospitare persone.

Forse poi i cittadini rimasti si lamentano per la mancanza di operai, di infermieri, di insegnanti, di camerieri, di tranvieri. Però, nel discorso di Delpini c’è speranza. E’ chiaro che la responsabilità è di tutti noi, perché siamo noi cittadini che possiamo ancora modificare il mandato a chi ha la responsabilità politica di questa situazione.

Delpini: diagnosi delle fragilità sociali

Un punto centrale che emerge dalle parole dell’Mario Delpini riguarda non soltanto la critica al sistema finanziario e alla speculazione, ma una diagnosi ampia delle fragilità sociali che oggi gravano sulla vita della città: la questione del lavoro, del welfare e della coesione civica. Nel suo discorso, Delpini non si limita a denunciare l’avidità del “capitalismo malato”, ma mette in evidenza un contesto di precarietà e insicurezza che tocca fasce consistenti della popolazione.

Tra i “segnali preoccupanti” indicati dall’arcivescovo compaiono: un sistema di welfare in declino, con liste d’attesa che rendono difficile l’accesso a cure e assistenza; problematiche strutturali nell’offerta abitativa, con case usate come merce d’investimento e non come spazi da abitare; il disagio di chi lavora ma non riesce a vivere dignitosamente, spesso costretto a orari massacranti, con stipendi insufficienti o con mansioni degradanti; la condizione dei giovani, che lamentano un futuro senza speranza, percepito come ripetizione ostinata di precarietà e incertezza.

Quanto denuncia Delpini è una crisi non solo economica ma morale e comunitaria: Milano, definita da decenni “capitale finanziaria”, rischia di perdere la propria anima civica, diventando un luogo in cui le disuguaglianze non sono denunciate, ma sistematiche, e in cui la coabitazione, il concetto di “casa comune”, viene tradotto in “mercato immobiliare” più che in “spazio di vita”.

Dal discorso emerge dunque l’esigenza di un nuovo patto sociale: non basta condannare l’usura, il riciclaggio, la finanza speculativa. Serve una politica che riscopra la responsabilità collettiva: intervenire sul tema della casa per garantirla a chi ne ha bisogno, riformare il welfare per evitare che salute, istruzione, protezione sociale siano privilegi, ridare dignità al lavoro con salari decenti, rispetto per lavoratori come sanitari, insegnanti, operatori sociali e soprattutto offrire ai giovani non un deserto di opportunità, ma un contesto in cui costruire futuro.

Scritto da: Daniele Biacchessi


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