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Netanyahu chiede la grazia a se stesso. Se Herzog dovesse concederla sarebbe la prima volta nella storia di Israele

today1 Dicembre 2025

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Scritto da Daniele Biacchessi

Netanyahu sotto processo invoca il perdono presidenziale per ‘spegnere le fiamme’: una richiesta che scuote la democrazia israeliana.

Siamo ormai al paradosso. Benjamin Netanyahu ha presentato una richiesta formale di grazia al presidente Isaac Herzog. Il primo ministro israeliano auspica, dice, “la chiusura del processo per contribuire a ridurre l’intensità delle fiamme“, in modo da “concentrarsi sugli affari di stato”. Nella sostanza Netanyahu chiede la grazia a se stesso.

È un’immunità preventiva relativa al processo per frode e corruzione composto da tre diversi filoni. È una richiesta unica, eccezionale, che scompagina le carte della giustizia e dei poteri, che abbassa il livello di democrazia in Israele, dato che Netanyahu è la prima persona nella storia del paese ad affrontare un processo mentre ricopre la carica di primo ministro.

La formalizzazione della grazia

La documentazione che compone la richiesta di grazia è stipata in 111 pagine elaborate dall’avvocato Amit Hadad e dallo stesso Netanyahu. Nel testo Hadad motiva la richiesta di grazia sostenendo che soltanto cancellando i suoi processi Netanyahu potrà «concentrare tutto il suo tempo, le sue capacità e le sue energie» nell’incarico di premier.

Il testo e il video realizzato da Netanyahu sono a dir poco paradossali. Netanyahu nega qualsiasi responsabilità e si dichiara innocente, dicendo che il suo interesse personale sarebbe quello di portare a termine il processo e provare la sua innocenza in tribunale, ma poi chiede la grazia sostenendo che sia la soluzione migliore per «guarire e riconciliare il paese». Cosa potrà accadere? Herzog è membro del Partito Laburista, ma negli ultimi tempi ha trovato diversi punti di contatto con Netanyahu

Netanyahu: richiesta di grazia

Un elemento centrale della richiesta di grazia presentata da Benjamin Netanyahu riguarda i limiti giuridici e costituzionali dell’intervento del capo dello Stato, Isaac Herzog, sul procedimento penale in corso. Secondo la legge vigente in Israele, nello specifico la Criminal Information and Rehabilitation of Offenders Law, 2019 insieme con la base normativa stabilita dalla Basic Law: The President of the State, il presidente ha effettivamente il potere di concedere la grazia, anche cancellando condanne e periodi di pena.

Ma la prassi consolidata e la tradizione istituzionale, prevedono che la grazia venga concessa dopo la conclusione del processo, di norma soltanto dopo una condanna definitiva. Nel passato, casi di clemenze concesse prima di una condanna sono stati rarissimi e sempre legati a circostanze particolari (ad esempio nel controverso caso noto come “Bus 300 / Shin Bet” negli anni ’80).

Una rottura significativa

Nel contesto attuale, dare il via libera a una grazia preventiva, ovvero con il processo ancora aperto, senza ammissione di colpa e senza che venga meno la carica politica di Netanyahu, rappresenterebbe dunque una rottura significativa rispetto alla prassi: molti giuristi avvertono che una simile decisione rischierebbe di minare i principi fondamentali della separazione dei poteri e dell’uguaglianza davanti alla legge.

Inoltre, il percorso procedurale previsto non si conclude automaticamente con la presentazione della domanda di grazia. Dopo che l’istanza è stata inviata all’ufficio del Presidente, la richiesta deve passare al Dipartimento per la Grazia del Ministero della Giustizia, poi all’ufficio legale della Presidenza, che raccolgono pareri da vari organi competenti prima che il presidente decida.

Sebbene la legge consenta teoricamente la grazia anche in fase pre-condanna, la richiesta di Netanyahu al cuore di una polemica istituzionale e politica rappresenta un test senza precedenti per le garanzie democratiche in Israele, mettendo in discussione non solo il merito delle accuse, ma l’intero equilibrio tra potere esecutivo, sistema giudiziario e funzione rappresentativa dello Stato.

Inoltre, secondo l’interpretazione predominante, una grazia concessa prima di una condanna definitiva, come chiede Benjamin Netanyahu, è considerata un’eccezione. Critici osservano che accettarla costituirebbe un precedente che potrebbe erodere il principio dell’uguaglianza davanti alla legge, compromettendo l’indipendenza del sistema giudiziario.

Scritto da: Daniele Biacchessi


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