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today14 Gennaio 2025
A cura di Daniele Biacchessi
Salvatore Montefusco aveva ucciso a fucilate la moglie Gabriela Trandafir, e la figlia della donna, Renata, a Cavazzona di Castelfranco Emilia. Al termine dell’iter processuale, i giudici della Corte di Assise di Modena lo condannano a 30 anni, anziché all’ergastolo, e scrivono che l’uomo, “arrivato incensurato a 70 anni, non avrebbe mai perpetrato delitti di così rilevante gravità se non spinto dalle nefaste dinamiche familiari che si erano col tempo innescate”. Dunque la pena è stata decisa anche in ragione “della comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il fatto reato”.
I parenti delle vittime, tramite la legale Barbara Iannuccelli, esprimono “forte incredulità” per la decisione dei giudici. Parla di una interpretazione inaccettabile chi assiste le vittime di violenza, come Elisa Ercoli, presidente Differenza Donna che gestisce il 1522, il numero antiviolenza e antistalking. La ministra delle Pari opportunità Eugenia Roccella definisce i contenuti della sentenza pieni di “elementi assai discutibili e certamente preoccupanti”. Secondo la senatrice del Pd Valeria Valente della Bicamerale Femminicidio, il provvedimento dei giudici è da ‘manuale del patriarcato’. In genere le sentenze non si dovrebbero commentare, ma l’autore del duplice femminicidio, sebbene incensurato, non aveva alcun motivo “umanamente comprensibile” per uccidere a fucilate moglie e figlia. I giudici, in questo caso limpido nel movente e nella dinamica, hanno dimostrato una preoccupante impreparazione. Va bene il garantismo, ma qui i giudici di Modena hanno superato anche i minimi livelli di buon senso.
Credits Foto: Agenzia Fotogramma
14 Gennaio 2025
Scritto da: Redazione
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