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Regno Unito, Canada e Australia annunciano il riconoscimento della Palestina: un passo storico verso la soluzione a due Stati mentre a Gaza continua l’offensiva israeliana.
Il premier britannico Keir Starmer annunciato il riconoscimento dello Stato palestinese da parte del Regno Unito. Nello stesso istante anche Canada e Australia compiono lo stesso riconoscimento formale della Palestina. “Dobbiamo ravvivare la speranza di pace per i palestinesi e gli israeliani e una soluzione a due Stati”, afferma Starmer.
Tutto accade mentre Israele continua l’operazione militare per il controllo totale di Gaza e centinaia di migliaia di persone fuggono dalla guerra. Un gruppo di una decina di Paesi, guidati dal Regno Unito e dalla Francia, è pronto a formalizzare oggi, durante una conferenza sui due Stati, co-presieduta da Parigi e Riad a margine dell’Assemblea generale dell’Onu, il riconoscimento dello Stato di Palestina.
L’iniziativa, promossa dal presidente francese Emmanuel Macron e appoggiata, tra gli altri, da Canada, Australia, Belgio e Portogallo, rappresenta un segnale importante, politico e simbolico, nel tentativo di attivare la soluzione diplomatica, che chiede al governo di Netanyahu di fermare il conflitto e di risparmiare i civili.
In realtà, l’iniziativa riflette le crescenti pressioni delle opinioni pubbliche interne su governi che intendono reagire all’inasprimento delle operazioni israeliane a Gaza, dove la situazione umanitaria è sempre più grave. Il riconoscimento dello Stato di Palestina è un significativo smacco uno smacco per Israele e avvia una frattura insanabile con gli Stati Uniti, il cui presidente Trump resta l’unico alleato di Netanyahu.
Sul piano politico rappresenta il totale isolamento di Israele con buona parte dei membri delle Nazioni Unite che si apprestano a compiere un passo storico verso l’affermazione di uno stato di diritto del popolo palestinese.
Un elemento interessante è come il riconoscimento da parte di Regno Unito, Canada e Australia non sia avvenuto in isolamento, bensì in modo coordinato. Questo coordinamento serve a vari scopi: dà peso politico all’iniziativa, rende più difficile “isolarla”, e segnala che si tratta di una tendenza che potrebbe essere seguita da altri Paesi.
Un’altra particolarità che emerge è che alcuni dei governi coinvolti – in particolare Canada e Australia – pongono condizioni al riconoscimento: che ci siano impegni da parte dell’Autorità Palestinese (PA), come riforme istituzionali, elezioni generali, e la demilitarizzazione.
In altre parole, non è stato presentato un riconoscimento “a prescindere”, ma piuttosto un riconoscimento che vuole essere legato a parametri di governo “responsabile”. Questo riflette la necessità, per molti governi occidentali, di giustificare davanti alle opinioni pubbliche domestiche che la Palestina debba possedere certe caratteristiche per essere riconosciuta come Stato.
Un terzo aspetto interessante è che, dietro queste decisioni, ci sono forti pressioni interne. Nei tre Paesi, ma anche in Europa, c’è un’opinione pubblica sempre più critica rispetto al conflitto a Gaza, alla crisi umanitaria, alle espansioni delle colonie in Cisgiordania, ecc. Governi come quelli di Starmer, Albanese e Carney sembrano reagire non solo a dinamiche internazionali, ma anche a richieste provenienti dai loro cittadini, da gruppi della società civile, da media, oltre che da istituzioni politiche interne.
Infine, è curioso quanto questo gesto, pur avendo fortissimo impatto simbolico, abbia al momento limitazioni concrete:
Non cambia immediatamente la situazione sul terreno: Israele continua le sue operazioni militari.
Il riconoscimento da parte di alcuni Stati non comporta automaticamente il riconoscimento all’Onu o un posto pieno per la Palestina nell’Assemblea Generale o nel Consiglio di Sicurezza, dove contano veto e poteri maggiori.
È incerto in che misura la “pressione diplomatica” derivante dal riconoscimento porterà a cambiamenti reali: cessate il fuoco duraturo, negoziati, corpi intermediari che consentano diritti effettivi per i palestinesi.
Scritto da: Daniele Biacchessi
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