Il Corsivo

Una manovra che non sfora i conti pubblici, ma non offre sviluppo al Paese.

today31 Dicembre 2025

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Scritto da Daniele Biacchessi

Conti in ordine e piccoli sgravi fiscali, ma la manovra non affronta la crisi industriale e lascia irrisolti i nodi della crescita.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti può esultare per aver mantenuto salda la linea del controllo dei conti pubblici, evitando possibili sforamenti dopo le tante desiderate dei partiti della maggioranza, ma la sua manovra non offre uno sviluppo decisivo all’economia del nostro paese.

Le misure

Dal 2026 l’aliquota Irpef applicata nella seconda fascia di reddito, quella sopra i 28mila euro, calerà dal 35% al 33%, ma i benefici saranno contenuti. Il beneficio massimo di 440 euro si raggiunge a 50mila euro e si spalma anche sui redditi successivi fino a 200mila euro. Saranno circa 3,8 milioni i lavoratori dipendenti che beneficiano dell’imposta sostitutiva al 5% sugli incrementi retributivi, corrisposti nel 2026 in attuazione dei rinnovi contrattuali sottoscritti dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026.

La legge di bilancio 2026 comprende anche le norme sul Tfr, con modifiche che ampliano ancor di più la platea dei lavoratori coinvolti. Ai premi di produttività e alle somme erogate a titolo di partecipazione erogati negli anni 2026 e 2027 si applica l’imposta sostitutiva dell’1%, entro il limite di importo complessivo di 5mila euro. Manca però una visione complessiva dell’economia del sistema paese. 3,6 miliardi dati alle imprese non bastano per colmare il deficit avvenuto con i dazi imposti dagli Stati Uniti e le difficoltà in cui versano numerosi settori. E senza sviluppo industriale il futuro resta al palo.

Manovra: investimenti e alla competitività delle imprese

Il testo definitivo della manovra introduce diverse misure fiscali e incentivi pensati per sostenere l’accumulazione di capitale, l’innovazione e la transizione tecnologica delle imprese italiane, aspetti cruciali per invertire la dinamica di crescita modesta che caratterizza l’economia nazionale.

Tra le misure più significative vi è la reintroduzione della maggiorazione dell’ammortamento ai fini delle imposte sui redditi (IRES e IRPEF) per gli investimenti in beni strumentali nuovi funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese. Questa agevolazione, simile nei principi al cosiddetto “super-ammortamento” del passato, permette alle imprese di dedurre una quota maggiore del costo di acquisto di macchinari e tecnologia, riducendo così l’onere fiscale e incentivando gli acquisti di capitale produttivo.

Un’altra componente importante riguarda il credito d’imposta per investimenti nell’ambito del modello “Industria 4.0”, per il quale sono stanziati 1,3 miliardi di euro per il solo 2026. Questo credito è pensato per sostenere l’adozione di tecnologie avanzate come automazione, digitalizzazione dei processi e competenze legate all’innovazione, settori considerati fondamentali per aumentare la produttività e la competitività delle imprese italiane su scala internazionale.

Ulteriori incentivi sono previsti per le imprese che operano nelle Zone Economiche Speciali (ZES) e nelle Zone Logistiche Semplificate (ZLS), con crediti d’imposta dedicati agli investimenti in queste aree e l’estensione delle agevolazioni nel Sud Italia (ZES unica) fino al 2028. Queste norme mirano non solo a favorire la localizzazione produttiva in aree strategiche, ma anche a ridurre gli squilibri territoriali rafforzando il tessuto industriale del Mezzogiorno.

Il bilancio include anche strumenti per sostenere micro, piccole e medie imprese (PMI), come il rifinanziamento della cosiddetta “nuova Sabatini”, un fondo volto a facilitare l’accesso al credito per investimenti in beni strumentali, con ulteriori 200 milioni nel 2026 e 450 nel 2027. Ciò è particolarmente rilevante considerando la sempre maggiore difficoltà delle PMI italiane ad ottenere finanziamenti senza costi eccessivi, fattore che spesso limita l’innovazione e l’espansione.

Oltre alle agevolazioni per investimenti materiali, la legge di bilancio istituisce un fondo da 35 milioni di euro annui presso il Ministero degli Affari Esteri per potenziare il sostegno all’export e all’internazionalizzazione delle imprese italiane. Questo strumento riconosce l’importanza dei mercati esteri come volano di crescita: migliorare la capacità di esportare prodotti italiani e penetrare nuovi mercati è infatti vitale in un quadro globale sempre più competitivo e segnato da tensioni commerciali, come quelle legate ai dazi statunitensi menzionati nel testo originale.

Tutti questi interventi, pur positivi sulla carta, si inseriscono però in una manovra complessivamente prudente che non sembra sufficiente da sola a generare uno slancio significativo della crescita. Secondo la Banca d’Italia e prospettive economiche ufficiali, la crescita prevista per il 2026 è modesta (inferiore al 1%), riflettendo ritardi negli investimenti privati, un contesto internazionale incerto e la persistente debolezza della produttività italiana.

Scritto da: Daniele Biacchessi


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