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A cura di Ferruccio Bovio
Mercoledì scorso, intervenendo alla Camera per rispondere alle domande del “question time”, la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non ha perso l’occasione per ritornare su un tema che, negli ultimi tempi, sembra coinvolgerla particolarmente. E stiamo parlando dei rapporti piuttosto tesi che sussistono tra il suo Governo ed il Gruppo editoriale GEDI della famiglia Agnelli – Elkann, cui appartengono giornali come Repubblica e La Stampa i quali, di solito, non usano certamente i guanti di velluto quando parlano delle politiche di Palazzo Chigi. Nello specifico, la nostra premier se la prende con le critiche che – soprattutto da parte di Repubblica – le sono piovute addosso in merito alle privatizzazioni che l’esecutivo di destra – centro avrebbe in programma di attuare nei prossimi mesi. La Meloni non accetta, infatti, in questo campo, alcun rilievo alle sue intenzioni se ad avanzarlo è proprio chi ha “venduto ai Francesi” il conglomerato Fiat – Chrysler. E qui però, ci pare che il suo ragionamento non sia del tutto corretto, perché un conto sono le vendite che avvengono tra privati (e sulle quali nessuna forza politica può porre dei veti) ed un altro sono quelle che possono riguardare l’alienazione di beni pubblici (come ad esempio il 10% di Poste Italiane), sui quali i governi di qualsiasi colore sono, invece, tenuti a rendere conto. Pertanto, attaccando in maniera così esplicita la proprietà di Stellantis e le testate che, in qualche misura, fanno parte della sua galassia, Giorgia Meloni – a nostro parere – non ha solamente messo in discussione la libertà di stampa, ma anche quella di fare impresa.
E pensare che le accuse di avere sacrificato, sull’altare delle opportunità fiscali o delle delocalizzazioni, l’italianità dell’impero creato dagli Agnelli nel Novecento, vengono controbattute, con fastidio, da non pochi ambienti d’Oltralpe, dove, al contrario, si ritiene che la fusione con la Fiat abbia comportato un chiaro ridimensionamento della francesità di PSA – Peugot…. E’ vero che – si argomenta sotto la Torre Eiffel – lo Stato francese (come, non a caso, lamenta Giorgia Meloni) ha un suo rappresentante nel Consiglio di Amministrazione di Stellantis, mentre l’Italia non lo ha… ma è altrettanto vero che ciò avviene perché la mano pubblica era entrata a far parte del board di Psa già dal 2012: da quando cioè, aveva rilevato una quota del 6,2% nell’azionariato della grande società automobilistica per far fronte ad alcune perdite accumulate allora dalla famiglia Peugeot. Questo per dire che la partecipazione di un consigliere di nomina statale alle riunioni del CDA di Stellantis non significa affatto che il governo francese abbia poi tutta questa voce in capitolo sulla gestione del gigante dell’ automotive sorto, il 16 gennaio del 2021, dall’alleanza tra due delle principali famiglie industriali europee. Tanto per fare un esempio, non troppo tempo fa il ministero dell’economia transalpino aveva esortato Stellantis a privilegiare l’interesse nazionale, riportando in Francia la produzione di piccole auto elettriche come la Peugeot 208: tuttavia, questo appello di natura patriottica a nulla è valso per smuovere i programmi aziendali, visto che lo stabilimento in cui si fabbrica quel tipo di veicolo è rimasto saldamente in territorio spagnolo, a Saragozza… E la cosa rappresenta un’ulteriore conferma del fatto che Stellantis è essenzialmente un gruppo privato e che sarà, quindi, sempre molto improbabile che il signor Agnelli o il signor Peugeot si lascino incantare dalle sirene dell’Eliseo o di Palazzo Chigi, anteponendo gli interessi pubblici a quelli del proprio portafoglio.
28 Gennaio 2024
Scritto da: Giornale Radio
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