Il punto della settimana

Io so io e voi nun ziete un c…

today16 Marzo 2025

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A cura di Ferruccio Bovio

Non sappiamo quale sia il senso dell’autoironia che alberga nella mente di Vladimir Putin, ma è certo che le sue parole – pronunciate a commento della proposta di tregua in Ucraina scaturita dall’incontro di Gedda – lasciano intendere che debba essere particolarmente spiccato. Infatti, il dichiararsi favorevole ad un cessate il fuoco soltanto se questo “fosse tale da portare ad una pace a lungo termine, affrontando le cause di fondo del conflitto”, non può che, implicitamente,  comportare anche l’onesto riconoscimento del fatto che la vera “causa di fondo del conflitto” risiede proprio in quel moto di revanscismo di stampo neo zarista che ormai permea, sistematicamente, ogni aspetto del regime che si è affermato nella Russia post sovietica e del quale Putin stesso è, oggi, la più coerente espressione…

Sì continua a parlare di pace con estrema superficialità e limitandosi ad invocare genericamente la cessazione dei combattimenti, senza tuttavia mai andare ad indagare seriamente su quali siano la natura stessa di questa guerra e le ragioni che la alimentano: forse nell’ipocrita timore di doverle individuare nelle mire imperiali di Mosca e nella sua storica pretesa di sottomettere l’Ucraina ai propri interessi, negandole qualsiasi forma di autonomia politica o culturale.

Vorremmo tanto che Putin ci spiegasse che tipo di “pace giusta”, secondo lui, possa mai sussistere  quando uno Stato ne invade un altro, sottraendogli  dei territori ed ignorandone sia la sovranità, che l’indipendenza. E la domanda andrebbe posta anche al signor Trump: certo, lui, probabilmente, non ha neanche mai sentito parlare di “Holomodor” e  dei milioni di Ucraini uccisi dalla fame dovuta alle carestie imposte da Stalin negli Anni Trenta… e si sa che l’ignoranza dei fatti, nelle relazioni internazionali, è spesso foriera di errori dalle conseguenze catastrofiche. Ciò nonostante, da un presidente americano ci saremmo francamente aspettati maggiori dignità e consapevolezze, almeno rispetto al fatto che una soluzione “giusta” non ha niente a che vedere con una compiaciuta e rinunciataria adesione a tutte le pretese di Putin: comprese quelle più irriverenti nei confronti di un Occidente liberal democratico del quale – almeno sino a ieri – pensavamo facessero parte anche gli Stati Uniti.

La logica che muove sia Putin, che Trump è quella dell’arroganza di chi pensa che ogni volta che gliene capiti l’opportunità – si chiami essa Ucraina o Groenlandia – fa bene a prendersi tutto quello che vuole…oppure quella, ancora più spudoratamente schietta, ma così ben esposta dal sonetto romanesco di Giuseppe Gioacchino Belli, nella parte in cui recita “io so io e voi nun siete un c…”.

Che amarezza, dunque, nell’osservare come oggi tutta la politica estera della Casa Bianca vada a rimorchio di quella del Cremlino, fondandosi entrambe su quelle stesse basi predatorie che purtroppo, da sempre, hanno cinicamente accompagnano quasi tutto il cammino della storia.

Non ci resta, quindi, che concludere questo nostro appuntamento domenicale, ricordandoci di un grande pensatore del Seicento francese che, amaramente, scriveva “non avendo potuto far sì che ciò che è giusto fosse anche forte, si è fatto in modo che ciò che è forte fosse giusto”.

Fonte Foto: Wikipedia

16 Marzo 2025

Scritto da: Giornale Radio

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