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today29 Gennaio 2025
A cura di Daniele Biacchessi
Per la liberazione e il rimpatrio del comandante libico Almasri sono indagati la premier Giorgia Meloni, il sottosegretario Alfredo Mantovano, i ministri della Giustizia Carlo Nordio e degli Interni Matteo Piantedosi. E’ stata proprio Giorgia Meloni a diffondere la notizia. “Il procuratore della Repubblica Francesco Lovoi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha appena inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino Almasri. Un avviso di garanzia – specifica Meloni – inviato anche al ministro Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano, presumo al seguito di una denuncia che è stata presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi conosciuto per avere difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi”, ha scritto la presidente del Consiglio che afferma di non essere ricattabile e di non farsi intimidire. “Vergogna, vergogna, vergogna”, commenta il vice premier Matteo Salvini. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani si dichiara subito “dalla parte di Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi, di Nordio e di Mantovano” e si spinge a condannare “scelte che suonano come una ripicca per la riforma della giustizia”.
Sabato 18 gennaio la Corte penale internazionale emette il mandato di cattura nei confronti di Najeem Osema Almasri Habish per i reati di crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nella prigione di Mitiga dal 15 febbraio 2011 puniti con la pena massima dell’ergastolo. Quella stessa sera Almasri è a Torino, va allo stadio con tre amici a vedere Juve-Milan. Poi viene fermato dalla Digos su indicazione dell’Interpol. E finisce in cella. Ma a Roma nessuno ne saprà nulla fino a lunedì 20 gennaio. Così almeno scrive il procuratore generale di Roma chiedendo ai giudici della Corte d’appello di non convalidare l’arresto in quanto irrituale perché non preceduto dalle interlocuzioni con il ministro della Giustizia, titolare dei rapporti con la Corte penale internazionale.
Almasri, il comandante della polizia giudiziaria e responsabile del centro di detenzione di Mitiga fermato a Torino su mandato di cattura della Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità, è stato rilasciato, portato su un aereo di Stato e riportato in Libia dove è stato accolto da una grande festa con tanto di fuochi d’artificio. Salvato da un cavillo, un «errore procedurale», come lo hanno definito i giudici della Corte d’appello di Roma che ne hanno disposto la scarcerazione. E persino rimandato a casa con tante scuse su un I-Carg italiano. La decisione, formalmente, è dei giudici e ha motivazioni giuridiche scovate nella procedura prevista in caso di mandato di cattura della Corte penale internazionale: nella fattispecie — ha rilevato la Corte d’appello — il ministro della Giustizia è stato informato dell’arresto solo quando il generale Almasri era già nel carcere delle Vallette, e non preventivamente come avrebbe dovuto essere fatto.
Credits Foto: Agenzia Fotogramma
29 Gennaio 2025
Scritto da: Redazione
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