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Via libera in consiglio dei ministri al decreto sull’ex Ilva

today21 Novembre 2025

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Scritto da Daniele Biacchessi

Via libera al decreto per l’ex Ilva: più fondi per cassa integrazione e formazione, mentre a Taranto esplode la protesta dei lavoratori. Lo Stato punta alla continuità produttiva e a una futura cordata pubblica per la decarbonizzazione.

Il Governo dà il via libera al decreto per assicurare la continuità operativa degli stabilimenti dell’ex Ilva. Viene autorizzato l’utilizzo dei 108 milioni di euro residui dall’ultimo prestito ponte e stanziato ulteriori 20 milioni per il 2025 e il 2026. I fondi dovrebbero essere destinati per finanziare la cassa integrazione e per aumentare la formazione dei lavoratori.

Lo Stato si farà carico dell’integrazione fino al 75% del trattamento di Cigs, finora sostenuta direttamente da Acciaierie d’Italia. Entro febbraio 2026 è attesa la conclusione della procedura di gara per l’individuazione dell’aggiudicatario. I restanti 92 milioni del finanziamento sono già stati destinati agli interventi essenziali sugli altiforni, alle manutenzioni ordinarie e straordinarie, agli investimenti ambientali connessi alla nuova aia e al piano di ripartenza.

Le proteste dei sindacati e i consigli delle opposizioni

Prima dell’annuncio del provvedimento del Governo, a Taranto le principali strade da e verso la città sono state bloccate per la protesta dei lavoratori. Il blocco è cominciato ieri mattina dopo le assemblee del personale dell’indotto e dei dipendenti di Acciaierie d’Italia. Il presidio sulle strade è in attesa che dal Mimit arrivi la convocazione del tavolo anche per l’ex Ilva di Taranto.

Per gli stabilimenti del Nord il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha convocato per venerdì 28 novembre un incontro con i rappresentanti dei lavoratori e dei territori interessati. Intanto, secondo la segretaria del Pd Elly Schlein il governo deve dare vita ad una cordata industriale guidata dallo Stato che investa le risorse che servono, e con l’intervento delle grandi aziende a partecipazione pubblica, per avviare davvero il percorso di decarbonizzazione, garantire la continuità produttiva e tutelare l’occupazione.

Ex Ilva: emergenza ambientale

La gigantesca acciaieria di Taranto, con le sue ciminiere altissime e depositi di materie prime, ha riversato negli anni nell’aria, nel suolo e nelle acque sostanze altamente tossiche e cancerogene, con conseguenze gravissime per la salute della popolazione locale. Secondo studi epidemiologici, l’esposizione alle emissioni della fabbrica è collegata a un aumento sostanziale della mortalità complessiva e delle patologie tumorali.

Tra i principali inquinanti prodotti dallo stabilimento siderurgico ci sono polveri sottili (PM10), metalli pesanti (come piombo, nichel e cromo), diossine, ossidi di zolfo (SO₂), ossidi di azoto (NOₓ) e idrocarburi policiclici aromatici (PAH). Queste sostanze derivano dai processi di produzione di acciaio, dalla combustione del carbone e del coke, e dalle attività portuali collegate all’impianto.

I dati storici sono impressionanti: secondo il gruppo epidemiologico SENTIERI, tra il 2005 e il 2012 circa 3.000 decessi nella zona di Taranto sono stati collegati all’esposizione a inquinanti rilasciati dalla fabbrica, tra cui benzene, metalli pesanti e diossine. In particolare, il quartiere Tamburi, che confina praticamente con l’acciaieria, è uno dei più colpiti. Qui i residenti descrivono la presenza costante di una polvere rossa o nera che ricopre balconi, strade e persino gli interni delle abitazioni quando le finestre rimangono aperte.

L’impatto ambientale non riguarda solo l’aria: le sostanze tossiche emesse si depositano sul suolo e finiscono nelle acque marine. Nel Mar Piccolo, la baia che bagna Taranto, sono state rilevate concentrazioni elevate di diossine che si accumulano negli organismi marini, con effetti potenzialmente pericolosi anche per l’ecosistema e per l’alimentazione. La contaminazione ha inoltre riguardato l’agricoltura locale: analisi chimiche hanno evidenziato livelli di inquinanti in vegetali coltivati nei dintorni dello stabilimento, e in passato sono stati ritirati anche allevamenti e animali a causa della presenza di dioxine nel terreno.

Sul fronte della salute, oltre all’eccesso di mortalità, sono stati rilevati casi di tumori, malattie respiratorie, cardiovascolari, e altre patologie croniche. In alcuni rapporti si parla anche di un legame tra l’inquinamento e nascite con difetti, aborti spontanei e disturbi neurologici, come autismo, evidenziando come l’impatto sia particolarmente acuto anche per le generazioni più giovani.

Nonostante le evidenze scientifiche e le denunce, la bonifica rimane parziale e l’installazione ha continuato a operare per anni con concessioni e deroghe. Le autorità ambientaliste e le associazioni civiche di Taranto hanno più volte denunciato la lentezza nei processi di miglioramento, rimarcando come il diritto alla salute dei residenti sia stato per troppo tempo sacrificato sull’altare dell’industria.

Scritto da: Daniele Biacchessi


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