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Stupri. Salvini boccia la legge sul consenso. Frizioni nella maggioranza

today27 Novembre 2025

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Scritto da Daniele Biacchessi

La Lega blocca in Senato la legge sul consenso, nonostante il via libera della Camera. Tensioni nel governo mentre si riapre il confronto sulla definizione di stupro e sull’onere della prova.

Matteo Salvini si mette di traverso alla proposta di legge sulla violenza contro le donne e relativa al consenso. Il provvedimento ha ricevuto il via libera unanime della Camera, ma in Senato, proprio in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, ha trovato l’opposizione della Lega, impedendo l’approvazione della legge in via definitiva.

“Il consenso è assolutamente condivisibile come principio, ma una legge che lascia troppo spazio alla libera interpretazione del singolo rischia di intasare i tribunali e alimentare lo scontro invece di ridurre le violenze”, sostiene Salvini.

La legge

Al centro della questione c’è quella definita da entrambi gli schieramenti come una rivoluzione.  Il testo della legge in discussione in Senato afferma che il reato di stupro si configura ogni volta non ci sia un consenso pieno, consapevole e attuale, sia prima che durante il rapporto sessuale. In cambiamento consiste nel fatto che la persona che denuncia uno stupro non deve provare di non aver prestato il consenso, ma dovrà essere l’uomo a dimostrare che il consenso c’è stato.

Secondo Salvini e la Lega, “questa sorta di consenso preliminare, informato e attuale, così come è scritto, lascia lo spazio a vendette personali, da parte di donne e uomini”.  Di diverso parere gli esponenti di maggioranza e opposizione.  C’era stato infatti l’accordo politico Tra la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein. Poi Il testo è stato siglato dalle due relatrici Carolina Varchi di Fratelli d’Italia e della dem Michela Di Biase. Ora la presidenza della commissione Giustizia del Senato ha stabilito che ogni partito potrà portare due esperti in audizione.

Legge sul consenso

La proposta di legge attualmente in esame che riscrive interamente l’articolo 609-bis del codice penale introduce per la prima volta in Italia una definizione normativa esplicita di “consenso” come fulcro del reato di violenza sessuale. Secondo il nuovo testo, un atto sessuale compiuto “senza consenso libero e attuale” configura reato, indipendentemente dalla presenza di violenza, minaccia, abuso di autorità o condizioni di inferiorità fisica o psichica.

In pratica, non basta che la vittima non abbia urlato, opposto resistenza fisica, o dichiarato un rifiuto: serve un “sì” chiaro, consapevole, non condizionato, e valido per tutta la durata dell’atto, un “sì” che può essere revocato in ogni momento.

Perché si parla di “rivoluzione culturale” come hanno definito il provvedimento alcuni suoi promotori, è perché questo modello di “consenso esplicito” rappresenta un cambio di paradigma rispetto a quanto previsto finora dalla legge italiana: oggi lo stupro viene configurato, per la maggior parte dei casi, solo quando c’è dimostrazione di costrizione, violenza o abuso. Con la riforma, l’orientamento prevalente in gran parte d’Europa contro la violenza sessuale, sancito anche dalla Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia, trova finalmente traduzione nel codice penale.

Le reazioni e le obiezioni

Nonostante l’approvazione unanime alla Camera dei Deputati — 227 voti su 227 presenti — il passaggio in Senato della Repubblica si è inceppato: la maggioranza parlamentare, nella fattispecie la componente di governo guidata dal partito Lega — ne ha chiesto un rinvio, per approfondimenti.

Tra le ragioni addotte, la paura che la norma come formulata lasci “troppo spazio alla libera interpretazione del singolo” e possa “intasare” i tribunali, alimentando “contese e volgari vendette personali”, come sostenuto dal leader della Lega.  Viene riproposto un tema già dibattuto in altri paesi e contesti: come stabilire concretamente che un “sì” c’era davvero, e che l’istante di consenso è durato per tutto l’atto?

I sostenitori della legge tuttavia rigettano questo timore: la riforma non prevede che il consenso sia scritto o formalizzato come in un “contratto” pre-sesso, come talora è stato strumentalmente detto in campagna mediatica. L’obiettivo, piuttosto, è porre fine a un paradigma, quello della violenza come unica modalità riconosciuta di stupro, che secondo molte associazioni e giuristi ha reso spesso difficile ottenere giustizia in casi di assenza di forza fisica ma di assenso negato o revocato.

L’importanza del cambiamento anche sul piano sociale e giudiziario

L’introduzione del consenso libero e attuale come criterio essenziale del reato di violenza sessuale ha ricadute oltre il diritto penale. Segna un riconoscimento normativo della centralità dell’autonomia e volontà individuale: implica che nessun atto sessuale debba essere dato per scontato, anche tra persone che già si conoscono o che hanno avuto rapporti precedenti. In termini pratici, può rendere più agevole per le vittime denunciare comportamenti di abuso sessuale che oggi restano spesso impuniti  ma che comportano un chiaro rifiuto dell’assenso.

Inoltre, per il sistema giudiziario significa innestare una logica più attenta al concetto di libertà sessuale e di consenso, ribaltando la tradizionale dinamica in cui la vittima doveva dimostrare di aver opposto resistenza. Con la riforma, l’onere di provare che il consenso c’era spetterebbe all’imputato, non alla persona offesa.

 

Scritto da: Daniele Biacchessi


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