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Meloni in Parlamento si scaglia contro la sinistra, le piazze, le opposizioni

today23 Ottobre 2025

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Scritto da Daniele Biacchessi

Meloni all’attacco in Aula: difende l’Italia dalle accuse di “democrazia a rischio”, respinge le piazze pro-Palestina e ribadisce il no a truppe in Ucraina.

La premier Giorgia Meloni arriva in Parlamento alla vigilia del Consiglio d’Europa e attacca la sinistra, l’opposizione, le manifestazioni pro-pal. “Il segretario del principale partito di opposizione ha detto che in Italia sono a rischio la libertà e la democrazia a causa di un governo di estrema destra, e subdolamente lo ha accostato all’attentato al giornalista Sigfrido Ranucci. Sono dichiarazioni gravissime, non perché il problema sia criticare il governo all’estero, ma perché questo vuol dire gettare fango e ombre sull’Italia, sulla qualità della sua democrazia”, dice Meloni rivolta alla segretaria del Pd Elly Schlein.

Poi si scaglia contro le piazze per Gaza (“Io non uso la sofferenza per propaganda”), contro il Movimento 5 Stelle sulle manifestazioni e libertà di stampa (“Voi facevate le liste di proscrizione per i cronisti, non date lezioni”). Poi Giorgia Meloni interviene sul conflitto tra Russia e Ucraina. “Ciascuna nazione contribuirà agli sforzi dei Volenterosi per Kiev ma l’Italia ha già chiarito che non prevede l’invio di soldati nel territorio ucraino”.

La reazione delle opposizioni

“Oggi Giorgia Meloni ha detto, senza troppi giri di parole: viva Trump, abbasso l’Europa. Un grido di resa travestito da orgoglio patriottico. L’Italia, che per decenni ha avuto un ruolo di equilibrio e di costruzione sullo scacchiere internazionale, abdica alla propria storia e alla propria dignità”, sostiene il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia. “Lei ha detto di non aver paragonato le opposizioni ai terroristi, le do ragione, è stato il suo ministro Ciriani con le Br.

Lei ha detto che la sinistra è oltre Hamas ed è bravissima in giochi di parole, ma Hamas ha ucciso bambini e violentato donne e uomini, tecnicamente è un’infamia”, replica Maria Elena Boschi (Iv). “Giorgia Meloni dice che il nostro paese è pronto, prontissimo per la ricostruzione di Gaza ma la grande maggioranza degli italiani avrebbero voluto il nostro paese pronto non dal giorno dopo, ma dal giorno prima, per impedire il genocidio, per mettere le sanzioni contro il governo israeliano”, dice il deputato di Avs Nicola Fratoianni.

Giornalismo d’inchiesta

Nel contesto dell’attacco a Sigfrido Ranucci, emerge proprio questo: una professione che non si limita a riportare fatti, ma che agisce come “can-doglia” del potere, con l’obiettivo di far emergere ciò che è nascosto, i conflitti di interesse, le trame delle mafie o le omissioni pubbliche. Sigfrido Ranucci è un giornalista italiano noto per la conduzione del programma Report su Rai 3, dal 2017, che ha ereditato da Milena Gabanelli.  Il suo percorso professionale inizia da una laurea in lettere alla Sapienza, seguito da esperienze in cronaca nel quotidiano Paese Sera e poi al Tg3, per poi approdare a ruoli di inviato, autore di inchieste e conduttore televisivo.

Nel corso della sua carriera, Ranucci ha affrontato temi complessi quali traffici illeciti di rifiuti, mafia, il controverso uso di armi con uranio impoverito, e le guerre estere nei quali sono emersi interrogativi sul comportamento delle potenze coinvolte. Tra le sue inchieste più note c’è il documentario Fallujah – La strage nascosta, che denuncia l’uso del fosforo bianco e la violenza sui civili durante l’offensiva americana su Falluja, nel 2004. Tale lavoro ha avuto rilevanza internazionale, ripreso dai principali quotidiani e testate nel mondo.

Il giornalismo d’inchiesta, come quello compiuto da Ranucci, si inserisce in un terreno spesso pericoloso: chi indaga toccherà interessi privati forti, gruppi criminali, operatori economici con potere politico o relazioni occulte. Non è raro che chi pratica questo mestiere subisca minacce, querele, pressioni legali o intimidazioni. Nel caso di Ranucci, si segnala che già nel 2024 erano stati trovati proiettili nei pressi della sua abitazione, come segnale di allerta.

Inoltre, il suo compenso come figura pubblica è reso noto in ambito Rai: per l’anno 2024, la retribuzione lorda dichiarata è stata di 239.508 € complessivi, con una componente fissa e variabile. Questo fa parte della trasparenza che si applica ai dirigenti e ai giornalisti con incarichi istituzionali all’interno dell’azienda televisiva pubblica.

Un altro aspetto interessante è la routine professionale: Ranucci ha raccontato come le sue giornate inizino molto presto, con la rassegna stampa alle 6:30, la scrittura dei testi di mattina quando la mente è più fresca, il montaggio dei servizi, le riunioni redazionali e il lavoro di verifica legale. Per ogni puntata di Report si preparano decine di pagine di copione, controllate più volte, e non mancano confronti interni, verifiche di fonti, risposte a diffide e richieste legali.

Il giornalismo d’inchiesta, dunque, non è un mestiere leggero: richiede competenza, perseveranza, rigore nella verifica, una rete di fonti, protezione legale e personale. In un sistema mediatico complesso come quello italiano, in cui il servizio pubblico ha un ruolo centrale e deve confrontarsi con spinte politiche, economiche e sociali, figure come quella di Ranucci rappresentano un punto cruciale di bilanciamento — spesso sotto pressione.

Scritto da: Daniele Biacchessi


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