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Onu: a Gaza è genocidio. Morti e feriti in tutta la Striscia durante l’attacco israeliano

today17 Settembre 2025

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Il rapporto della Commissione Onu accusa Israele: a Gaza in atto un genocidio, oltre 60 mila morti e centinaia di migliaia di feriti tra i civili palestinesi.

Il rapporto della “Commissione internazionale indipendente delle Nazioni Unite sui Territori palestinesi occupati, inclusa Gerusalemme Est e Israele” conferma una delle più gravi accuse mai mosse contro il governo di Netanhau: le operazioni militari avviate a Gaza dal 7 ottobre 2023 configurerebbero il crimine di genocidio.

“Dal 7 ottobre 2023 al 31 luglio 2025, 60.199 palestinesi sono stati uccisi, di cui 18.430 bambini e 9.735 donne”, si legge nel documento intitolato “Analisi legale della condotta di Israele a Gaza ai sensi della Convenzione sul genocidio”, firmato dalla presidente Navi Pillay e dai commissari Miloon Kothari e Chris Sidoti.

Secondo la Commissione, le morti non possono essere considerate solo conseguenze collaterali del conflitto: “Le autorità israeliane intendevano uccidere il maggior numero possibile di palestinesi attraverso le operazioni militari e le strategie di guerra impiegate”. Il rapporto evidenzia che “le vittime non sono state selezionate come singoli individui, ma sono state prese di mira collettivamente in quanto palestinesi”.

Il blocco degli aiuti alimentari e la guerra israeliana contro i civili

Nel rapporto della Commissione Onu finisce anche l’assedio imposto alla Striscia. Vengono citati il blocco delle medicine, attrezzature mediche, cibo e acqua e l’impedimento all’ingresso degli aiuti umanitari. Si tratta di misure adottate “con la piena consapevolezza che avrebbero condotto alla morte di civili palestinesi”.

Di qui la conclusione che “le morti sono state il risultato di una scelta deliberata, che ha colpito le condizioni di vita calcolate per portare alla distruzione dei palestinesi a Gaza. Questa situazione ha causato alla popolazione danni fisici e psicologici, un livello di sofferenza collettiva senza precedenti. Secondo l’Onu, a maggio 2024 si contavano 77.908 palestinesi feriti, e a luglio 2025 il numero era salito a 146.269 persone.

Le conclusioni del rapporto Onu

La Commisione Onu ha basato le conclusioni sui 5 criteri previsti dalla Convenzione per valutare se si sia verificato un genocidio: uccisione di membri di un gruppo; causare gravi danni fisici o mentali ai suoi membri; imporre misure volte a impedire le nascite nel gruppo; infliggere deliberatamente condizioni volte a provocare la “distruzione fisica” del gruppo; trasferire con la forza i suoi bambini in un altro gruppo. Ai sensi della Convenzione, è possibile determinare la presenza di un genocidio anche se è soddisfatto solo uno dei 5 criteri e la commissione ha affermato che in questo caso 4 sono stati soddisfatti. Manca solo quello relativo al trasferimento forzato.

Blocco degli aiuti

Dal 7 ottobre 2023, Israele ha imposto un blocco totale su Gaza, impedendo l’ingresso di cibo, medicine, acqua potabile e carburante. Questa misura ha avuto un impatto devastante sulla popolazione civile, con oltre 60.000 morti e 146.000 feriti, secondo i dati forniti dalla Commissione Onu. Il blocco non è stato solo una conseguenza del conflitto, ma una strategia deliberata per indebolire la resistenza palestinese e punire collettivamente la popolazione.

La legge internazionale e il blocco

Il diritto internazionale umanitario vieta l’uso della fame come arma di guerra. La Convenzione sul genocidio del 1948 stabilisce che infliggere condizioni di vita destinate a provocare la distruzione fisica di un gruppo etnico, nazionale o religioso costituisce un atto di genocidio. La Commissione Onu ha accertato che Israele ha soddisfatto quattro dei cinque criteri previsti dalla Convenzione, tra cui l’imposizione di condizioni di vita intese a provocare la distruzione fisica del gruppo palestinese.

La resistenza civile e l’assedio

Nonostante le difficoltà, la popolazione di Gaza ha mostrato una straordinaria resilienza. Organizzazioni locali e internazionali hanno cercato di fornire aiuti attraverso canali alternativi, come il valico di Rafah con l’Egitto. Tuttavia, le restrizioni israeliane hanno ostacolato questi sforzi, rendendo l’assistenza umanitaria insufficiente e irregolare. La comunità internazionale ha condannato il blocco come una forma di punizione collettiva, ma le azioni concrete per porvi fine sono state limitate.

Implicazioni politiche e legali

Il blocco degli aiuti ha sollevato interrogativi sulla responsabilità internazionale. La Corte Internazionale di Giustizia ha avviato procedimenti contro Israele per violazioni della Convenzione sul genocidio, mentre organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch hanno accusato Israele di crimini contro l’umanità. Nonostante le condanne, la comunità internazionale ha faticato a intraprendere azioni efficaci per fermare il blocco e proteggere la popolazione civile di Gaza.

Scritto da: DANIELE BIACCHESSI


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